A giugno 2020, Amazon ha consentito anche agli utenti italiani di pagare a rate, grazie a un accordo con Cofidis. E se anche il colosso fondato da J
A giugno 2020, Amazon ha consentito anche agli utenti italiani di pagare a rate, grazie a un accordo con Cofidis. E se anche il colosso fondato da Jeff Bezos ha scelto questa strada, un motivo ci sarà.
Secondo il report 2020 di FIS sul Global Payments, entro il 2023 i wallet digitali rappresenteranno la metà delle vendite eCommerce e in particolare la formula Buy Now, Pay Later (compra ora, paga più tardi), sarà il segmento a crescere di più tra i pagamenti online nei prossimi cinque anni, con una percentuale del +28 per cento annuo.
Ha scommesso sul settore anche Max Levchin, programmatore immigrato dall’Unione Sovietica, l’ultimo della “PayPal mafia” a diventare miliardario.
Fuga dall’incubo Chernobyl
Levchin cresce in Ucraina, in una famiglia di fisici: la mamma, lo zio, i nonni, quasi tutti i suoi parenti sono in questo campo. “E questo significa che sono stato cresciuto per essere un fisico”, racconta. Lui non è dello stesso avviso. Da ragazzo vuole fare l’insegnante di matematica, poi un evento cambia totalmente le sue prospettive.
La mamma, che lavora in un istituto per la salute alimentare a Kiev, valutando la radioattività degli alimenti, un giorno si vede arrivare in ufficio un’enorme scatola: è il clone sovietico del PDP-11, il computer della Digital Equipment Corporation. I suoi capi le dicono: “Devi imparare a programmare”. Coinvolge allora il figlio per aiutarla, che all’epoca ha circa 10/11 anni.
Da quel momento in poi, il piccolo Max Levchin dirà a tutti: “Diventerò un programmatore”.
Dopo quel primo contatto con l’informatica, Levchin non può mettere le mani su un vero computer fino all’età di 16 anni. Decide allora di scrivere le sue stringhe di codice su carta, per allenarsi e imparare.
Un secondo avvenimento, decisamente meno entusiasmante, segna la vita di Levchin da ragazzo: è il 26 aprile 1986 e il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplode, nel più grave disastro nucleare della storia. Come sappiamo anche grazie alla serie HBO, a quel punto il regime sovietico tenta di insabbiare la notizia. Ma la mamma, grazie al suo lavoro, capisce subito cosa sta succedendo: prende allora i suoi due figli e si trasferisce da Kiev in Crimea.
È il primo di due trasferimenti. Cinque anni dopo, la famiglia arriverà a Chicago, nell’Illinois, con 700 dollari in tasca: il rublo aveva perso quasi ogni valore, in seguito al crollo dell’URSS.
Poco dopo, Levchin sceglie l’università, ovviamente informatica. Lui vorrebbe iscriversi al MIT, nome che ha sentito durante uno show televisivo russo: ma ha scritto male il nome (MTI) su un foglio di carta che si è portato dietro dall’Ucraina. Il suo counselor a scuola non capisce di quale università parla e allora lo spedisce alla University of Illinois.
La “PayPal Mafia”
Già al college, Levchin lancia una serie di startup, tutte finite con un fiasco. Dopo la laurea, si trasferisce in Silicon Valley. Qui un amico di college, Luke Nosek, gli presenta Peter Thiel, che si dimostra interessato al lavoro di Levchin nella crittografia. Ecco perché lo vuole in squadra nella sua nascente startup, PayPal, dove il programmatore ucraino crea un modo per trasferire in maniera sicura i soldi da un dispositivo a un altro.
Insieme a Thiel e al resto della “PayPal mafia” (Elon Musk e Reid Hoffman sono tra gli altri membri più noti), come verrà chiamata più tardi, fondano la startup dei pagamenti online che si quota in borsa nel 2002 e viene poi venduta a eBay per 1 miliardo e mezzo di dollari, pochi mesi dopo.
La quota di Levchin è pari al 2,2 per cento, valendogli circa 33 milioni di dollari.
Ma più che ai soldi, a Levchin interessa un progetto su cui lavorare. Dopo l’exit di PayPal, non sa che fare: ufficialmente lascia l’azienda, ma continua a presentarsi in ufficio. Lo racconta lui stesso:
«Il capo delle Risorse Umane, che lavorava ancora lì, a un certo punto mi prese da parte e mi disse: “Hey, giusto per ricordarti una cosa: tu ti sei dimesso, giusto?”».
Lancia o investe, poi, in diverse attività, tra cui Yelp, di cui è stato presidente fino al 2015, Slide, un servizio di condivisione che ha venduto a Google per 182 milioni di dollari nel 2010 e Glow, un’app per il tracciamento della fertilità.
Malgrado queste avventure gli fruttino un bel gruzzolo, Levchin non ha ancora raggiunto lo status da miliardario dei suoi ex soci Musk, Thiel e Hoffman, che insieme valgono oggi circa 200 miliardi di dollari.
Leggi anche: Elon Musk supera Bill Gates e diventa il secondo uomo più ricco al mondo
Affirm, la startup che lo rende miliardario
Il suo vero boom arriva negli ultimi mesi con la sua ultima creazione, Affirm. Tutto nasce da un’esperienza personale:
«Arrivando negli Stati Uniti da un Paese socialista, non ero preparato per tante cose che esistevano qui, sia buone che non. A un paio d’anni dal mio arrivo in America ho ricevuto la mia prima carta di credito e ho immediatamente finito tutto i soldi, perché non avevo idea di come utilizzarla».
Da allora gli resta il pallino di creare uno strumento più semplice da comprendere per tutti e che fosse più trasparente per i consumatori, in particolare sul pagamento degli interessi.
Nel 2012 allora comincia a ragionare su come concretizzare quella intuizione, insieme a Alex Rampell, all’epoca CEO di TrialPay, un’altra società per i pagamenti online. Rampell suggerisce di creare un algoritmo che finanzi gli utenti online, stabilendo il profilo di rischio dei debitori basandosi sulle informazioni fornite dai loro profili Facebook. I due, insieme a Nathan Gettings (Palantir) e Jeff Kaditz, cofondano allora Affirm su questa base.
L’idea nel frattempo si è in parte trasformata. Oggi Affirm offre dei prestiti al momento di effettuare dei pagamenti sulle piattaforme partner, che il consumatore può ripagare a tre, sei o dodici mesi, o a quattro anni per gli acquisti più importanti.
Il tasso di interesse non è particolarmente basso: può variare tra lo 0 e il 30 per cento in un anno, in base alla solvibilità del debitore e alle scelte del rivenditore, ma il vantaggio, a differenza di quanto può accadere con le carte di credito, è che non ci sono fee nascoste da pagare e che il compratore sa fin dall’inizio quanto andrà a pagare di interessi per ogni specifico acquisto.
In una recente lettera agli investitori, lo stesso Levchin ha spiegato che Affirm vuole accelerare il declino di quelle aziende che “vendono prodotti finanziari tossici e ottengono profitti dai passi falsi dei loro consumatori”, puntando in particolare il dito sul modello di business delle carte di credito che consente, apparentemente, grossi acquisti senza interessi, ma che in realtà li spostano solo nel tempo.
Finora, il piano di Levchin sembra funzionare. Nel 2020, Affirm (e i principali competitor Klarna e Afterpay) hanno finanziato più di 10 miliardi di dollari di transazioni: erano circa 100 milioni appena cinque anni fa, mentre al contempo l’uso delle carte di credito è in declino.
Anche a causa della pandemia, il servizio di Levchin e soci ha assistito a un importante incremento dei volumi: tra novembre 2019 e luglio 2020, gli utenti che hanno richiesto un finanziamento su Affirm sono quasi raddoppiati (+98%), arrivando a 5,6 milioni, grazie soprattutto ad alcuni eCommerce come Peloton, che ha concesso con Affirm pagamenti senza interessi.
Tra settembre 2019 e settembre 2020, il totale di prestiti richiesti è arrivato a 5,3 miliardi di dollari, per incassi totali di 596 milioni di dollari. Malgrado ciò, Affirm ancora non ha registrato un utile netto, perdendo 97 milioni nello stesso periodo di tempo.
Come spesso accade, anche se la società è ufficialmente in perdita, Affirm si è comunque quotata con successo in Borsa a gennaio di quest’anno: il giorno dell’IPO, le azioni hanno raddoppiato il proprio valore, arrivando a 96 dollari, per una valutazione di mercato di 24 miliardi di dollari. E così anche Levchin ha raggiunto lo status da miliardario: la sua fetta in Affirm, dopo l’IPO, vale 2,5 miliardi di dollari.
Ora la sfida è di essere all’altezza di tali aspettative.
Leggi anche: La nuova vita del cofounder di Facebook: oggi è CEO di Asana (presto in Borsa)
COMMENTS