Come guadagnare con un modello di business freemium? Usa il Versioning

Come guadagnare con un modello di business freemium? Usa il Versioning

Offrire gratis a tutti un prodotto/servizio e poi creare una versione premium per gli abbonati: è il modello freemium, che spopola in rete e attira milioni di utenti. Ma è anche sostenibile economicamente? Se ben pensato, sì.

Nell’era di Internet si è affermato un modello di business innovativo, noto come freemium, neologismo nato dall’accostamento delle parole free (grat

Nell’era di Internet si è affermato un modello di business innovativo, noto come freemium, neologismo nato dall’accostamento delle parole free (gratis) e premium. L’idea è che un servizio sul web (lo streaming di musica e film, la lettura dei giornali, un servizio di cloud computing), sia gratuito per tutti nella sua versione di base, ma che offra funzionalità aggiuntive per chi paga un abbonamento mensile.

Alcuni casi di successo dimostrano che, se pensato bene, il modello funziona. Il problema è: come assicurarsi che gli utenti siano davvero disposti a pagare per le funzioni premium?

Tre esperti di marketing della University of Maryland – Xian Gu, P.K. Kannan e Liye Ma – hanno di recente condotto uno studio per rispondere a questa domanda. I risultati sono stati esposti dagli autori su HBR.

Gratis, la parola magica

I ricercatori esordiscono spiegando che la parola “gratis” possiede in sé un’area quasi magica, un “fascino” a cui è difficile resistere. Lo sperimentiamo tutti i giorni. Nell’era di Internet, in particolare, noi utenti siamo stati abituati a usufruire di servizi e contenuti in maniera quasi del tutto gratuita. Non è un caso quindi che il modello freemium sia emerso a livello globale in tutta la sua forza.

«Quando ben realizzato – spiegano gli autori – il modello di business freemium può aiutare a portare traffico massiccio al sito dell’azienda, offrire una “prova gratuita” prima dell’acquisto, che supera le resistenze degli utenti a pagare, e convertire gli utenti free in consumatori paganti».

Citano poi l’emblematico caso di Dropbox, noto fornitore di servizi in cloud. Oggi l’azienda ha 500 milioni di utenti registrati, che ricevono i due Giga di spazio online gratuitamente. Superata la soglia dei due giga, i consumatori possono aggiungere un terabyte di spazio, pagando una quota mensile o annuale. Nel 2017, con questo modello, Dropbox ha generato un miliardo di dollari di revenue.

Un altro caso di successo del modello freemium è quello di Spotify, servizio di streaming musicale, che ad aprile 2018 è sbarcato in borsa con una quotazione di 26,5 miliardi di dollari (vi abbiamo raccontato la storia del servizio qui). Anche Netflix sfrutta il potere del gratis, ma con un modello diverso: un solo mese è gratuito, poi occorre necessariamente abbonarsi per continuare a guardare contenuti.

Quello del freemium è un modello che sempre più spesso si afferma anche nel mondo dell’informazione online: un certo numero di articoli è gratis, per continuare a leggere devi abbonarti. Nell’editoria non sempre ha funzionato a dovere (l’abbiamo visto col Guardian, il New York Times, il Washington Post di Bezos), anche se pare qualcosa si muova anche in questa direzione.

Il problema con i modelli freemium è sempre lo stesso: capire qual è la percentuale di utenti che effettivamente sono disposti a pagare per il servizio e se sono abbastanza per rendere sostenibile il business.

«Quando le aziende – scrivono gli autori – non riescono a convertire abbastanza utenti in consumatori paganti, allora iniziano i problemi. Alcune aziende possono persino fallire per questo».

La domanda che si pongono diventa quindi dirimente: “Come possono le aziende posizionarsi meglio per avere successo nella guerra del freemium?”. Hanno risposto con un’interessante ricerca.

Aggiungere feature non basta: la ricerca

Innanzitutto si parte da un presupposto fondamentale, ma non sufficiente. I modelli freemium hanno bisogno di servizi nuovi e di elevata qualità per attirare l’attenzione degli utenti sull’offerta premium. In questo modo, le aziende riescono “a migliorare la percezione complessiva dei consumatori sul brand e saranno quindi più propensi a pagare”.

Gli autori citano per esempio il caso del Wall Street Journal, che ha accresciuto i propri contenuti digitali aggiungendo nuove sezioni e introducendo eventi esclusivi per gli abbonati.

Ma questa strategia non potrebbe bastare. Questo perché nella percezione degli utenti, i benefici di un servizio gratis sono molto più elevati di quelli a pagamento (anche se non è così). In pratica, una volta che si abituano a usufruire di qualcosa gratis, diventa difficile fargli cambiare idea.

Aggiungere contenuti premium è quindi una strategia vincente solo quando le aziende comprendono a fondo il comportamento degli utenti e sanno rispondere a dovere.

La soluzione? Il Versioning

I ricercatori spiegano quale potrebbe essere la soluzione. La chiamano versioning e deriva dal termine version, versione. In pratica, l’idea è di creare pacchetti di diverse soluzioni premium, da presentare sul mercato.

Per dimostrarne l’utilità, hanno condotto un esperimento interessante, pubblicato sul Journal of Marketing. Hanno analizzato il servizio offerto dal NAP (National Academies Press), che consente di leggere online i pdf dei propri libri, mentre applica una fee per la versione cartacea in brossura. Su questa base, i ricercatori hanno sperimentato tre nuove soluzioni su un campione casuale di utenti:

  1. Al gruppo di controllo è stato offerto un modello simile, con un prezzo basso sulla versione brossurata dei libri;
  2. Una seconda offerta con gli stessi servizi della prima, ma con in aggiunta la possibilità di scaricare e-book che costano quanto o poco meno della versione cartacea;
  3. Una terza, con gli stessi servizi della prima, ma con in aggiunta una nuova versione premium, molto più costosa, ma per libri con copertina rigida.

I risultati sono stati estremamente interessanti. Spiegano i ricercatori:

«Ampliare l’offerta premium […] ha avuto un impatto positivo sulle vendite della versione in brossura già esistente. Quando abbiamo offerto ai consumatori un nuovo prodotto premium di elevata qualità e con un prezzo più alto, hanno scelto di più l’opzione in brossura. Aggiungere l’opzione della copertina rigida ha incrementato le revenue dell’8,9%».

Questi risultati ci dicono che le persone tendono a scegliere più spesso la versione “mediana”, un compromesso tra quella gratis e quella più costosa. È come quando un venditore propone un elettrodomestico molto basic, che costa pochissimo, e poi un secondo con tutti gli optional, ma decisamente fuori budget: alla fine ti venderà una versione media tra le due.

La cosa interessante della ricerca è che è successo lo stesso anche al contrario. Quando cioè agli utenti di NAP è stato offerto un secondo prodotto (oltre al pdf) di basso prezzo, ma anche di scarsa qualità: l’ebook. Anche in questo caso, gli utenti hanno scelto di più la versione in brossura. Addirittura con risultati migliori: le revenue in questo caso sono cresciute del 21,5%. Proseguono gli autori:

«Aggiungere un e-book di bassa qualità, a un prezzo simile, ha reso il libro in brossura molto più attraente per confronto, portando a maggiori vendite. È “l’effetto attrazione” a rendere la versione in brossura dominante. Questo effetto si è verificato solo quando il prezzo per l’ebook era simile a quello della brossura. Quando invece gli ebook costavano molto meno, hanno cannibalizzato le vendite in brossura». I risultati della ricerca sono molto interessanti per chiunque, voglia offrire online un modello freemium. Il segreto, quindi, è nel creare più pacchetti, più possibilità di scelta, e di tarare al meglio i prezzi.

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Come guadagnare con un modello di business freemium? Usa il Versioning

di Gennaro Sannino Tempo di lettura: 5 min
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