Come il figlio di Warren Buffett ha speso la sua “eredità” di 90mila dollari

Come il figlio di Warren Buffett ha speso la sua “eredità” di 90mila dollari

Peter Andrew Buffett, figlio del miliardario Warren, riceve in eredità dal padre “solo” 90mila dollari. Con quei soldi riesce a costruire una carriera completamente diversa da quella paterna.

«Sono ben consapevole del fatto che la [mia eredità] è stata molto più grande di quanto la maggioranza dei giovani riceva per iniziare la propria vi

«Sono ben consapevole del fatto che la [mia eredità] è stata molto più grande di quanto la maggioranza dei giovani riceva per iniziare la propria vita. Avere quei soldi è stato un privilegio, un regalo che non ho meritato».

Non sembra portare rancore Peter Andrew Buffett, figlio del noto investitore Warren, per il fatto che suo padre gli abbia regalato “solo” 90mila euro, quando aveva 19 anni, spiegandogli chiaramente che era l’unica eredità che poteva aspettarsi.

Anzi, Peter interpreta oggi quel gesto, avvenuto negli anni ‘70, come “un atto d’amore, un modo per dirmi: ‘Credo in te, non hai bisogno del mio aiuto’”.

Come l’Oracolo di Omaha, sono tanti i miliardari che hanno deciso di non dare grosse somme di denaro ai propri figli: tra gli altri, ricordiamo Laurene Powell Jobs (vedova di Steve), Gordon Ramsay, Sting, George Lucas, Mark Zuckerberg, Bill Gates e tanti altri.

Un modo per indirizzarli a provvedere per se stessi, a trovare la propria strada, a impegnarsi per costruire qualcosa di valore. Ed è proprio quello che ha fatto anche Peter Buffett.

90k e una grande passione per la musica

È il 1977, Peter ha appena compiuto 19 anni. Il papà Warren decide di vendere una fattoria che lui stesso ha ereditato e di dividere l’incasso tra i suoi figli. A Peter destina 90mila dollari in azioni Berkshire Hathaway, la conglomerata di proprietà del padre. “Era chiaro che non avrei dovuto aspettarmi niente di più”, ha raccontato Peter.

Peter può lasciare che quella fortuna cresca grazie alle attività del padre. Ma invece decide di vendere le azioni e di fare un investimento più rischioso, e quindi più prezioso:

«Ho comprato il tempo che mi sarebbe servito per capire se avevo davvero una possibilità nel mondo della musica».

All’epoca iscritto a Stanford, il figlio dell’Oracolo di Omaha decide di mollare l’università e di dedicarsi corpo e anima alla musica, che era già il suo sogno da tempo. Quei soldi gli hanno dato l’opportunità di non doversi preoccupare di guadagnarsi il pane per un po’ di tempo e di comprare l’attrezzatura necessaria per inseguire il suo sogno.

Peccato che non conosce assolutamente nessuno nel settore discografico, né suo padre ha intenzione di spianargli la strada presentandogli potenziali contatti. “Non avevo la minima idea di come diventare musicista professionista”, racconta Peter.

Si trasferisce a San Francisco, dove comincia a vivere un’esistenza frugale, in un piccolo appartamento, che gli fa anche da studio di registrazione. Le uniche spese, oltre a quelle essenziali, sono per strumenti e apparecchi di registrazione. Qui lavora ore e ore a perfezionare la sua abilità al piano e nella post-produzione, sperimentando nuovi sound. Comincia a lavorare nel settore, ma solo con ingaggi gratis.

La svolta vera arriva per caso. Un giorno Peter sta lavando la sua “misera vecchia auto”, un vicino gli si avvicina e comincia a chiacchierare. Gli chiede: “Cosa fai per vivere?”. E Peter: “Sono un compositore in crisi”. Guarda caso, il genero di quel vicino lavora nel team che lancerà un nuovo canale televisivo dedicato alla musica: si chiama MTV. All’epoca nessuno lo conosce, ma negli anni ‘80 e ‘90 il canale farà la storia dell’industria discografica.

Grazie all’aggancio, Peter Buffett comincia a comporre musica per gli spot pubblicitari: «C’era la possibilità di guadagnare molto in quel settore: in poco tempo, sono stato in grado di trasformare la mia passione per la musica in un business», ha raccontato.

Poco dopo arriva a creare colonne sonore per i film e infine a produrre veri e propri album con la propria firma. Anche qui, lo aiuta il “destino”: «A metà degli anni ‘80, la musica strumentale New Age ha cominciato a diventare molto popolare. Era proprio il tipo di musica che avevo sempre composto».

L’altra eredità di papà Warren: soldi per la beneficenza ed etica del lavoro

Da lì in poi, Peter registrerà quattro album per Narada Records, per poi siglare accordi con Epic e Hollywood Records, prima di creare la sua etichetta, Bison Head, con cui lancia “Ojibwe”, che vince l’Emmy, tra i premi più ambiti in ambito musicale.

Tra i film per cui Buffett ha prodotto la colonna sonora, il più famoso è sicuramente “Balla coi lupi”. Peter si è dedicato anche al teatro, producendo il musical Spirit—The Seventh Fire. Per non farsi mancare alcun obiettivo artistico, ha scritto anche il libro “Life is What you Make it”, che al debutto è balzata al numero 4 della classifica dei Best Seller del New York Times: il volume ha colpito anche Bill Gates, che l’ha consigliato sul suo blog.

Tutto realizzato con il proprio lavoro, a parte quell’investimento iniziale di papà Warren. L’Oracolo di Omaha ha però lasciato anche altro in eredità ai tre figli. A ciascuno di loro ha infatti destinato 1 miliardo di dollari, da usare però esclusivamente per progetti caritatevoli. Con quei soldi, Peter Buffett e sua moglie Jennifer fondano la NoVo Foundation, con l’obiettivo di “scovare ragazze giovani o adolescenti, specialmente nei paesi in via di sviluppo” che hanno dei talenti non apprezzati a sufficienza.

Peter racconta poi di un’altra “eredità”, stavolta immateriale, lasciatagli dal padre: l’etica del lavoro. Che per Warren Buffett consiste non nel fare quanti più soldi è possibile, ma fare quello che si ama, qualcosa per cui ci si alza dal letto con entusiasmo, la mattina.

«Fai il lavoro che sceglieresti se fossi indipendente dal punto di vista economico», ha spiegato spesso Warren ai giovani.

A chi chiede a Peter se suo padre sia deluso del fatto che il figlio abbia scelto una strada così diversa dalla sua, il compositore risponde: «In realtà facciamo la stessa cosa: quello che amiamo. Ed è questo l’insegnamento che ha trasmesso [a noi figli] da bambini, così come ha fatto mia madre».

Nessun rimpianto

Se Peter Buffett avesse lasciato quelle azioni di Berkshire Hathaway nelle mani del padre, quei 90mila dollari sarebbero diventati 200 milioni a inizio maggio di quest’anno, per un ritorno del 250mila per cento (calcoli CNBC).

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Spesso chiedono a Peter se si sia pentito, quindi della sua scelta. Ma il compositore spiega che l’alternativa sarebbe stata laurearsi e trovare un posto fisso, probabilmente nella stessa azienda del padre:

«Ma non ho fatto questa scelta e non l’ho rimpianta nemmeno per un secondo. Ho usato quel gruzzolo per comprare qualcosa di molto più prezioso dei soldi: l’ho usato per comprare il tempo».

E Peter Buffett consiglia alle persone di fare lo stesso, se possono:

«Esistono molte persone privilegiate – in termini economici o perché hanno un talento unico – ma non riescono a comprendere il valore del tempo e quindi si affrettano a scegliere un lavoro che potrebbe non essere giusto per loro, che potrebbe rivelarsi però poco appagante. Personalmente, se non avessi trascorso centinaia di ore, senza guadagnare un centesimo, a perfezionarmi con i miei strumenti, non avrei mai trovato il mio sound. Per riuscirci, sono necessari tempo e pazienza».

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Come il figlio di Warren Buffett ha speso la sua “eredità” di 90mila dollari

di Giancarlo Donadio Tempo di lettura: 5 min
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