Cosa deve fare un CEO sui social? Mini-guida al personal branding

Cosa deve fare un CEO sui social? Mini-guida al personal branding

I social media offrono tante possibilità ai manager che vogliono migliorare il proprio personal branding: ecco alcuni consigli per cominciare.

Il CEO non è solo il dirigente di un’azienda, è il suo volto. Soprattutto oggi, con le possibilità offerte dai social media, le persone vogliono sco

Il CEO non è solo il dirigente di un’azienda, è il suo volto. Soprattutto oggi, con le possibilità offerte dai social media, le persone vogliono scoprire chi c’è dietro un brand, qual è la sua immagine e quali valori condivide.

Per guidare i leader aziendali nella loro presenza social, Damian Corbet, consulente per i canali social dei manager aziendali con la sua Social C-Suite, ha curato il volume “The Social CEO: How Social Media Can Make You A Stronger Leader”, in cui ha raccolto i contributi di tanti professionisti del settore, con consigli ed esempi reali per guidare i CEO a curare meglio la propria presenza online.

Tra gli interventi più interessanti del libro, quello di Tammy Gordon, fondatrice di Verified Strategy, sul personal branding.

La prima volta

Non dimenticherò mai la prima volta che ho capito il potere dei social media per i professionisti”, scrive Gordon nel libro. L’esperta racconta di come usasse Twitter quasi come un robot, pubblicando meccanicamente contenuti senza un reale valore: citazioni motivazionali, statistiche e call to action al sito web della sua azienda. Durante una conversazione con uno dei dirigenti dell’impresa, però, viene fuori una domanda: perché il leader dell’azienda X, nostra competitor, ottiene più interviste di noi? Perché ottengono maggiore attenzione dai media sui temi che interessano anche a noi?

A quel punto, Gordon realizza una sorta di ricerca di mercato: individua tutti i competitor della sua azienda e comincia a seguire su Twitter i loro manager. Ma quelli che lei considera come dei competitor, cominciano ad agire in maniera del tutto inaspettata da quanto prevista: anche loro seguono Gordon su Twitter, addirittura ri-condividendo i suoi contenuti.

«In quel momento – scrive la consulente – ho capito che il potere dei social media non riguarda la pubblicazione di contenuti, ma la capacità di connettersi e sviluppare relazioni con gli altri».

Un nuovo approccio

L’idea quindi è che i social media non siano semplicemente un canale dove trasmettere messaggi, ma un “luogo” dove entrare in relazione. Per riuscirci, bisogna essere autentici: la maggior parte dei CEO che hanno successo sui social, spiega Gordon, sa combinare i propri obiettivi di business con la condivisione di contenuti che mostrano la propria personalità e raccontano cosa succede nella propria vita.

Gli utenti dei social, infatti, seguono e si connettono con i leader aziendali per tante ragioni diverse, non solo professionali: possono essere interessate al prodotto/servizio che offrono, certo, ma magari vogliono solo approfondire un determinato tema collegato al loro settore, oppure semplicemente hanno qualcosa in comune. In quanto esseri umani, continua Gordon, “tu sei più di quello che fai per guadagnare e la tua audience potrebbe trovare, seguire e appassionarsi ai tuoi canali social se parli di qualcosa oltre al lavoro”.

Fare Personal Branding allora vuol dire essere capaci di trovare la propria voce unica in questo calderone, in modo da offrire contenuti che siano interessanti per i propri follower, non solo a livello razionale, ma anche emotivo. I CEO e i manager, in quest’ottica, hanno l’opportunità unica di guidare la propria azienda anche dal punto di vista comunicativo, invitando l’audience a una relazione multidimensionale, che non si riduce all’acquisto o alle partnership commerciali.

In quest’ottica, sviluppare un brand personale significa avere anche un piano strategico da seguire: un’attività che a molti leader, già oberati di impegni, sembrerà troppo impegnativa. Ma un CEO può farsi aiutare dal proprio team di comunicazione e marketing, assicurandosi però che tutto quanto viene pubblicato a suo nome resti autentico e abbia un’affinità con le proprie passioni e inclinazioni.

Un calendario per i manager

Un altro modo per sollevare il CEO dal peso di pubblicare nuove idee con una certa di regolarità, è quello di creare un calendario settimanale che lo guidi sul tipo di contenuti da condividere sui propri canali.

Ecco un esempio:

  • Lunedì: condividi il link a un articolo che ti ha colpito e spiega perché secondo te è importante.
  • Martedì: riconosci pubblicamente il lavoro positivo fatto da uno dei tuoi impiegati.
  • Mercoledì: segui almeno un nuovo profilo e inizia una conversazione.
  • Giovedì: condividi un obiettivo raggiunto dalla tua azienda nell’ultima settimana, quello di cui sei più orgoglioso.
  • Venerdì: condividi un aggiornamento personale su un’attività che hai completato questa settimana o che hai programmato per la prossima. Per esempio, la foto di un evento a cui hai partecipato.

Il calendario offre delle indicazioni di massima: non è detto che vada seguito alla lettera. Offre piuttosto un aiuto nel capire quali contenuti e attività sono più appropriati per la propria strategia di personal branding.

Il team di marketing dell’azienda dovrebbe poi aiutare i manager anche a creare un piano di risposta: l’incremento delle attività sui social potrebbe infatti portare a nuove richieste di contatto, sia da potenziali partner/clienti, sia dai media. Monitorare le interazioni diventa così un altro modo per essere attivamente presenti online.

Personalità

Per creare una buona presenza online, Gordon suggerisce poi di non avere timore di mostrare la propria personalità, come fa John Legere, ex CEO di T-Mobile. Ha guadagnato più di sei milioni di follower su Twitter prendendo in giro, in maniera amichevole, i competitor, fino ad arrivare a sembrare quasi un troll. Sul suo profilo, pubblicava sì contenuti da T-Mobile, ma anche foto del suo cane, articoli divertenti e persino dirette video con le sue ricette della domenica con l’hashtag #SlowCookerSunday.

Ovviamente Legere non può essere un modello da seguire per tutti: ognuno ha la propria personalità, per cui alcuni contenuti saranno più o meno autentici a seconda delle proprie passioni e inclinazioni. L’ex CEO di T-Mobile è però un esempio di come il personal branding può diventare una commistione tra personale/professionale. Il suo profilo ci ispira a pensare ai social media come una festa: se leggi i tuoi post e non assomigliano a qualcosa che diresti a una festa, forse non corrispondono al tuo stile personale.

Leggi anche: Personal branding: ecco come e perché essere autentici in 3 step

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Cosa deve fare un CEO sui social? Mini-guida al personal branding

di Gennaro Sannino Tempo di lettura: 4 min
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