Dalla povertà dell’ex Unione Sovietica ai fasti della Silicon Valley: la parabola di Jan Koum, programmatore autodidatta, rifiutato da Facebook, che
Dalla povertà dell’ex Unione Sovietica ai fasti della Silicon Valley: la parabola di Jan Koum, programmatore autodidatta, rifiutato da Facebook, che è diventato miliardario creando WhatsApp.
Dai buoni pasto a Yahoo!
Nato e vissuto in un villaggio comunista ucraino, dove le case non hanno acqua calda, in un Paese dove l’inverno tocca i meno venti gradi centigradi, Koum parte per gli Stati Uniti insieme alla mamma, spinti dalla necessità, nel 1992. Koum ha 16 anni. La destinazione è Mountain View, in California, dove la famiglia può ricevere buoni pasto e un appartamento: non c’è molto altro, però, e madre e figlio devono arrangiarsi a lavorare entrambi, lui come addetto alle pulizie in un alimentari, lei come babysitter.
Due anni dopo, Koum inizia a studiare programmazione. Con pochi dollari da investire nell’istruzione, il futuro miliardario compra alcuni libri usati per imparare le basi. Libri che poi rivende, dopo averli studiati. Comincia a farsi un nome come programmatore, soprattutto entrando nel gruppo di hacker chiamato w00w00.
Si iscrive alla San Jose University (che mollerà di lì a poco) mentre lavora part time per Ernst & Young, nel settore della sicurezza. Ed è in questa veste che conosce Brian Acton, 44enne dipendente di Yahoo!, che chiede a Koum di valutare il sistema pubblicitario dell’azienda. Sei mesi dopo, il programmatore autodidatta avrà un posto fisso nell’azienda fondata da Jerry Yang e David Filo.
Visto il contesto da cui è partito in madrepatria, per Koum è un bel passo in avanti, ma non gli basta. “Mi sono fatto 9 anni in Yahoo”, racconta oggi, dopo il successo, usando un linguaggio che in genere indica gli anni di carcere e non una carriera.
In ogni caso, il lavoro gli permette di essere indipendente e ne ha fin troppo bisogno: sua madre muore di cancro nel 2000, mentre il papà, che non li ha mai raggiunti negli States, se n’è già andato nel 1997. Acton è un amico a cui affidarsi in questo periodo di solitudine e tra i due nasce un forte legame, che li porterà a creare insieme WhatsApp.
Un viaggio in Sud America e il fallimento di WhatsApp 1.0
È il 2007 quando i due decidono di lasciare insieme Yahoo: ne hanno abbastanza. Per capire cosa fare delle loro vite, si prendono un anno sabbatico e viaggiano in Sud America per rinfrescarsi le idee. Al ritorno fanno domanda in Facebook e, paradossalmente, vengono entrambi respinti. Dopo quasi due anni dalle dimissioni, ancora non hanno un piano per il futuro.
L’esperienza in America Latina serve però a Koum per capire un grande problema della telefonia dell’epoca: il costo eccessivo delle telefonate tra due Paesi stranieri. Un altro limite è dovuto alla complessità del sistema: per esempio, per chiamare dall’Argentina agli Stati Uniti, le persone devono digitare +54 +9 + il codice dell’area geografica + il numero della persona da contattare.
Decide quindi di rendere il sistema più semplice. La prima versione di WhatsApp, quella 1.0, si ispira ancora ai vecchi SMS: in quel periodo è molto comune inviare un messaggio prima di fare una telefonata, chiedendo “posso chiamarti?”, proprio con un SMS, che all’epoca è ancora a pagamento, soprattutto se all’estero. L’idea del programmatore è di rendere il processo più economico: scaricando WhatsApp (che nei primi periodi ha una piccola fee annuale per gli utenti), si può segnalare il proprio stato, con parole tipo “Occupato” o “Disponibile”, per comunicare ad amici e parenti la possibilità di ricevere chiamate in quel momento.
Ma il progetto non funziona:
«Ha fallito miseramente, è stato un disastro. È stato deprimente: nessuno l’ha usata».
Uno dei problemi della prima versione dell’app è la qualità dei feedback ricevuti. Koum e Acton chiedono agli amici se gli sembra una buona idea e tutti gli rispondono ovviamente di sì. Per la seconda versione, si affideranno solo alle recensioni degli utenti, che gli forniscono continuamente feedback per migliorare.
La svolta delle notifiche
La svolta è dietro l’angolo. Arriva quando la Apple introduce l’innovazione che cambierà molte esistenze: le notifiche push. Questo vuol dire che dal 17 giugno 2009, quando gli utenti di WhatsApp cambiano il proprio stato, tutti gli amici ricevono una notifica.
Koum si rende conto a questo punto di un cambiamento nel comportamento degli utenti: non si limitano più a segnalare la propria disponibilità, ma cominciano a raccontare le loro attività. “Sono a pranzo, chiamate tra un’ora”, “Vado in palestra”, “Ho un volo di tre ore”: stati che non servono tanto a segnalare la propria disponibilità a chiamare, ma diventano veri e propri messaggi, da cui può partire una conversazione. Ecco che i fondatori dell’azienda capiscono che devono costruire un servizio di messaggistica completo, in modo da comunicare con tutto il mondo (quasi) gratuitamente.
Pur non essendo gratuito come altri servizi come Skype, WhatsApp ha altri vantaggi: l’agilità dell’app e soprattutto la possibilità di usare solo il numero di telefono per effettuare il login, senza usare password, né username da ricordare.
Rispetto ad altri servizi simili, poi, funziona su diverse piattaforme. Nato originariamente per iOS, presto Koum si rende conto che gli europei non usano ancora molto i prodotti Apple e lancia WhatsApp anche per telefoni e sistemi operativi concorrenti, come Android e Nokia, che all’epoca va ancora molto forte, intercettando in questo modo gli utenti di tutto il mondo. Una scelta che si rivelerà vincente: ancora oggi, sono “solo” 68 milioni gli utenti di WhatsApp negli Stati Uniti, mentre in totale a livello globale la user base è di circa due miliardi.
Il tutto senza spendere un solo centesimo in pubblicità, solo attraverso il passaparola e l’ascolto dei primi clienti, che con i loro feedback hanno contribuito a migliorare il servizio nel tempo. A chi gli ha chiesto perché non ha investito di più nella promozione, Koum ha risposto “il marketing e la stampa alzano solo la polvere: polvere che ti va negli occhi e non ti permette di concentrarti sul prodotto”.
A cinque anni di distanza dal lancio della versione 1.0, Koum e Acton chiudono un accordo per vendere la piattaforma a Facebook: è il 2014, il valore dell’exit è di 22 miliardi in denaro e azioni. Per chiudere l’accordo, quel ragazzo ucraino arrivato senza niente negli Stati Uniti venti anni prima, sceglie un luogo altamente simbolico: insieme al venture capitalist Jim Goetz di Sequoia, si dirigono verso l’ex edificio dei Servizi Sociali di Mountain View, dove qualche anno prima, Koum restava in fila per raccogliere i suoi buoni pasto.
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