Dal Business Model al Personal Branding Canvas: come crea valore un’azienda, come crei valore tu

Dal Business Model al Personal Branding Canvas: come crea valore un’azienda, come crei valore tu

Il Business Modeling e il Branding applicato agli individui: storia e sviluppo dei Canvas, rivoluzione visuale dei modelli di business.

Business Model Canvas, Business Model You, Personal Branding Canvas: tre supporti visivi per capire strategicamente il valore vero che creiamo – nelle

Business Model Canvas, Business Model You, Personal Branding Canvas: tre supporti visivi per capire strategicamente il valore vero che creiamo – nelle nostre aziende, nelle nostre vite – e come lo portiamo ai clienti.

Analisi di questi 3 modelli e delle storie (a volte incredibili) che ci sono dietro.

Com’è nato tutto

Tim Clark è l’ideatore di Business Model You: una metodologia visuale per comprendere e comunicare le strategie di creazione di valore aziendale, ma applicate alla persona, all’individuo. Per giungere fin qui è passato attraverso una carriera tortuosa. Ha dovuto sperimentare su di sé – più e più volte – il business model della sua professionalità.

Una storia che ha raccontato lui stesso in un TED Talk.

Tim ha fatto tante cose nella vita. Subito dopo l’università non sapeva bene che direzione prendere. “Sapevo solo due cose. Primo: il mondo del business, degli uffici, delle giacche e delle cravatte, non mi interessavano affatto. Tutte queste cose mi apparivano come un biglietto di sola andata verso una vita noiosa. E io, invece, desideravo una vita avventurosa. L’altra cosa che sapevo era che avevo una band e che amavo la musica. ‘Saremmo diventati delle rock star’”.

Tim scopre un aspetto di sé che non conosceva: era uno yuppy, che desiderava una vita più comoda: “Non mi piaceva essere sempre al verde e lavorare di notte”. Dalla musica passa alla sua seconda grande passione: il giapponese.

Decide di trasferirsi in Asia e di diventare un traduttore professionale: “Ci sono riuscito: ma facevo abbastanza schifo”. È andato avanti per qualche anno: ma non è questa la sua vera passione. Crede di avere altre capacità, talenti nascosti. Ed è ora di farli venir fuori.

In un momento di debolezza ho accettato un lavoro in un’azienda nella lista Fortune 100. Un lavoro che mi ha trasformato in un burocrate junior che faceva pianificazione aziendale. E così ho capito che avevo ragione: non sono fatto per un mondo organizzato, giacca, cravatta e business convenzionali”.

Nel 1994 scopre il magico mondo del World Wide Web. Ed è un ulteriore svolta. 22 anni fa, Internet è solo una lunga serie di pagine zeppe di testo. E non ce n’è una in giapponese: “Perché non contribuire, anche in minima parte, a portare il giapponese su Internet?”, si è chiesto. E così si lancia nel marketing online dal Giappone, facendo consulenza ad aziende locali, ma anche a imprese occidentali che vogliono affacciarsi sui mercati asiatici.

Non credevo di riuscire a fare molto soldi in questo settore: un’ottima cosa, dal momento che non c’era assolutamente alcuna domanda per questo tipo di servizi”. Almeno finché, nel 1997, Amazon lo nota e lo contatta per portare il marketplace in Giappone. Da qui tante aziende decidono di seguire la strada dell’ecommerce in Asia. Il che vuol dire tanto successo per l’azienda di Tim. Ma anche tanto, troppo lavoro.

Dopo 8 anni è completamente esaurito, non ha più energie. Vuole lasciarsi alle spalle Internet. E lo fa. Si prende un anno sabbatico. Durante quei 12 mesi, però, le domande aumentano.

Ho cominciato a chiedermi: in tutti questi anni, quali attività mi piacevano davvero? Insegnare, formare, scrivere e fare ricerca. Quale occupazione combina tutti questi aspetti? Il professore universitario!”.

La scelta più ovvia è quella di insegnare business. Malgrado sia stato un imprenditore di successo, non ha ben chiari in mente alcuni concetti, seppur basilari: “Insegnando ho cominciato davvero a capire ciò che da imprenditore intuivo, ma non riuscivo a esprimere chiaramente. Per esempio: quando avvii un’impresa, in genere devi sapere quale valore andrai a creare e come lo distribuirai a una specifica nicchia di consumatori. Una logica chiamata: business model”.

Quello che ha imparato lo conduce a una riflessione: “Le nostre carriere sono, in fondo, delle forme di imprenditoria: come le aziende, anche noi abbiamo il nostro business model personale. Anche noi dobbiamo capire come creare e distribuire valore a una specifica nicchia di consumatori”.

L’incontro con Osterwalder e Pigneur

Alexander Osterwalder è un famoso scienziato, imprenditore, consulente svizzero. È noto soprattutto per aver ideato il Business Model Canvas, uno strumento che utilizza il linguaggio visivo per la creazione e lo sviluppo di business model innovativi. Serve, in pratica a capire e a rappresentare visivamente come un’impresa crea, distribuisce e cattura valore. Eccone un esempio:

A differenza della vita di Tim, quella di Osterwalder è piuttosto lineare. Si laurea nel 2000 all’Università di Losanna e 4 anni dopo diventa dottore in Management Information System, con una tesi di dottorato intitolata “The Business Model Ontology”. Nel frattempo trova anche il tempo per lanciare una compagnia di trading online, Netfinance, e fare il giornalista di business per Bilanz.

Durante le sue lunghe e laboriose ricerche per il dottorato, Alexander scopre una passione per il business modeling. Nel 2006 lancia BusinessModelDesign, una nuova startup specializzata nel settore, e poi Strategyzer, agenzia di consulenza.

Due anni dopo, rivela al mondo il suo lavoro sui Business Model Canvas. È subito un successo. Nel 2010, insieme a Yves Pigneur, pubblica “Business Model Generation: A Handbook for Visionaries, Gamechangers and Challenger”, basato sui suoi template. Alla stesura dei contenuti partecipano 470 persone, da 45 diversi Paesi. Il libro vende un milioni di copie ed è tradotto in 30 diverse lingue.

Tim Clark è uno dei co-creatori ed editor del volume. Appassionandosi al lavoro dei due ricercatori svizzeri, Tim realizza la versione “individuale” dei Canvas: Business Model You.

Lo applica innanzitutto a se stesso: “Sono convinto che se avessi avuto questo strumento da giovane non ci avrei messo 30 anni per arrivare qui e parlarne a voi. Probabilmente ce ne avrei messi solo 27!”, scherza.

Ecco perché era così importante raccontare questa storia. Avere una rappresentazione grafica della propria carriera può diventare la chiave di volta per il successo. Il modello è molto chiaro e intuitivo. E da lì non si scappa: cosa fai, chi sei e quali sono le tue qualità; chi sono i tuoi clienti e che tipo di valore offri; come porti questo valore agli altri. Se non capisci questi elementi essenziali, sarà complicato andare avanti.

Personal Branding Canvas

C’è un ultimo passaggio. Dagli States alla Svizzera, arriviamo ora all’Italia.

Luigi Centenaro è il primo Personal Branding Strategist italiano. È co-autore del libro “Personal Branding” e autore di “Personal Branding in Azienda”. Si è occupato a lungo di progettazione, vendita e marketing di servizi Internet per grandi multinazionali. È professore alla IULM, al Politecnico di Milano, alla Business School del Sole 24 Ore e per Ninja Marketing.

Oggi, la sua principale attività è identificare e comunicare ciò che rende rilevanti e memorabili gli imprenditori e i manager con cui lavora. In poche parole: realizza strategie di Personal Branding per gli altri.

Qualche anno fa, ispirato dai lavori di Osterwalder e Clark (Luigi, tra le altre cose, ha curato l’edizione italiana del suo volume “Business Model You”) realizza una versione particolare del template. Si chiama Personal Branding Canvas.

L’idea del Personal Branding Canvas è nata nel momento in cui ho dovuto sviluppare un programma di Personal Branding per un’intera rete di promotori finanziari. Il direttore commerciale desiderava che fossero in grado di far leva sulle loro peculiarità per posizionarsi e relazionarsi con maggior autenticità con il loro “pubblico” tramite gli strumenti digital. Per far ciò occorre imparare a pensare in maniera strategica ma serviva uno strumento capace di semplificare e rendere tutto più pratico”, racconta.

Riprendendo le intuizioni dei suoi predecessori, realizza quindi uno strumento visivo per lo sviluppo rapido delle strategie di Personal Branding.

Per Centenaro, fare Personal Branding significa capire innanzitutto 3 cose:

  • identificare la propria promessa di valore unica
  • Farla conoscere al giusto Pubblico
  • Ottenere risultati

Un processo che è possibile attivare disponendo di un chiaro modello visivo, che indichi il percorso generale della persona: dove stai andando, perché lo stai facendo, come raggiungi i tuoi obiettivi.

Il professore della IULM, identifica un percorso in 4 step per raggiungere l’obiettivo finale:

  1. Disegna la tua situazione attuale. Descrivi il Personal Brand rappresentando il tuo stato attuale: cosa stai facendo per raggiungere i tuoi obiettivi? Le domande del Canvas aiutano a destreggiarsi in questa fase. “Non pensarci troppo su, punta alla sintesi: scrivi solo 1-3 parole in stampatello maiuscolo”, spiega Centenaro.
  2. Rifletti. Ora il modello invita a farsi una serie di domande:
  • Cosa non ti piace dell’attuale Personal Brand?
  • Quali sono i blocchi più scarni?
  • Qual è il tuo Pubblico principale?
  • Sei abbastanza visibile?
  • Il tuo Pubblico capisce qual è il valore che offri?
  • Ti considera al momento del bisogno?
  1. Rivedi. Terzo step: il cambiamento. Cosa devi fare affinché la situazione migliori? Da qui in avanti dovrai descrivere le iniziative concrete che intraprenderai da qui in poi.
  2. Revisiona. Il Business Model Canvas è utile perché è agile. Cambia continuamente, man mano che lo testiamo nella vita quotidiana. Non lasciare il lavoro su carta, metti in pratica ciò che hai deciso e testa le modifiche apportate. E poi, revisiona. E poi? Ricomincia da capo!

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Dal Business Model al Personal Branding Canvas: come crea valore un’azienda, come crei valore tu

di Gennaro Sannino Tempo di lettura: 6 min
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