A volte, sembra che basti la passione per avere successo. Quasi per magia, un’azienda nasce dal nulla, grazie alla “passione” dei fondatori, o magari
A volte, sembra che basti la passione per avere successo. Quasi per magia, un’azienda nasce dal nulla, grazie alla “passione” dei fondatori, o magari per via di quell’incontro giusto che cambia tutto. C’è del vero in questo, ma la storia delle imprese di successo è fatta di ben altro. Di duro lavoro, di esperienze (che nascono anche da fallimenti sanguinosi) e dall’imparare cose nuove, nuove competenze.
A ricordarcelo, con un post su Hackernoon, è Daniel Tawfik, imprenditore, fondatore di Vonjour, servizio di telefonia per piccole e medie imprese. Post in cui l’autore stigmatizza un certo storytelling che vuole l’imprenditoria come una semplice successione di aperitivi di networking.
Silver Bullet
Silver Bullet, pallottola d’argento, che nella mitologia è l’unica arma capace di uccidere un licantropo. Metaforicamente, negli Stati Uniti, per Silver Bullet si intende anche una soluzione semplice e brillante a un problema particolarmente complesso. Tawfik parla di Silver Bullet con riferimento alle soluzioni proposte dai diversi guru del web, coloro che – secondo l’imprenditore – spiegano come avere successo nel business senza particolari sforzi:
«Si vantano di aver creato un reddito passivo grazie a un business online, il tutto mentre viaggiano intorno al mondo e noi comuni mortali sgobbiamo alle nostre scrivanie dalle 9 alle 18».
L’esempio per antonomasia è Tim Ferriss, autore del famoso best-seller “4 ore alla settimana. Ricchi e felici lavorando 10 volte meno”. Il problema, spiega Tawfik, “non è il libro in sé: Ferriss infatti indica alcuni consigli interessanti su come gestire le risorse per ottenere il massimo ritorno sul proprio lavoro”.
Tawfik però critica il tipo di mentalità che sottintende il volume:
«La riconosco quando sento le persone dire di aver avuto un’idea di business fantastica, che vogliono però appaltare a qualche studente del college che sa programmare. Oppure che vogliono sviluppare un prodotto in outsourcing, affidandolo a un’agenzia di sviluppo a buon mercato. Una mentalità che sottintende come l’imprenditorialità sia semplicemente fatta di eventi di networking e fundraising […]. Tutto questo si traduce in un approccio passivo a un’impresa che è molto più ardua di come la si dipinge».
Per Tawfik, dunque, non è un problema Ferriss in sé (di cui abbiamo parlato anche su MGMT in diverse occasioni), ma un ecosistema in cui l’imprenditoria viene ridotta a qualche aperitivo con le persone giuste.
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Fare impresa è artigianato
«Quello che manca in questo tipo di discorsi è la mentalità artigianale; il fatto cioè che la concentrazione e l’esperienza su un determinato mestiere siano i “driver” principali per il successo».
Imparare, lavorare sodo, fare esperienze, e migliorare grazie a esse. È questo in sostanza quanto propone Tawfik per ottenere successo. I caffè di networking finiscono per essere secondari, o addirittura “semplici distrazioni”.
«I driver per il successo sono gli esperti: un’esperienza che si ottiene attraverso la curiosità e lavorando con molta serietà».
È questa la differenza secondo l’autore tra chi effettivamente riesce a dare un contributo e chi “è solo uno spettatore” passivo. In particolare, questa mentalità “artigianale” risulta evidente per chi avvia una startup:
«Per sua natura, una startup è un corso intensivo nello sviluppo delle proprie competenze. A rendere uniche le startup è l’estrema scarsità di risorse. Una scarsità che spinge i fondatori ad adattare rapidamente le proprie skill per soddisfare le necessità del progetto».
In questo senso, l’imprenditorialità diventa un insegnante, “un eccellente insegnante”, spiega Tawfik. Se non si è in grado di accumulare velocemente nuove conoscenze, difficilmente la startup potrà sopravvivere. Anche perché spesso non ha i fondi necessari per assumere personale che colmi gli inevitabili gap.
Se il founder ha competenze esclusivamente tecniche, avrà bisogno di adattarsi e diventare competente anche in ambito finanziario, di marketing o di design:
«Il cimitero delle startup è pieno di visionari che non hanno l’esperienza o le competenze necessarie per fare una buona execution. Peccato che le idee non si sviluppino da sole: vengono alla luce solo con il coinvolgimento intenso di operatori competenti».
Il “segreto” dei founder di successo
Il “segreto”, quindi, di un’impresa di successo non è affatto un segreto: è l’accumulazione delle competenze necessarie e il perfezionamento delle stesse:
«Sfrutta le sfide poste dal tuo business, oggi, in modo da costruire una padronanza nel mestiere di riferimento. Non c’è alcuna garanzia che la tua impresa avrà successo, ma quelle competenze torneranno a tuo favore nella tua carriera».
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