Dimentichiamo il Work/Life Balance: ora abbiamo bisogno del Tech/Body Balance

Dimentichiamo il Work/Life Balance: ora abbiamo bisogno del Tech/Body Balance

Si chiama Tech/Body Balance e consiste nella necessità di trovare un equilibrio tra la tecnologia e il mondo fisico. Ecco in cosa consiste e come fare per non essere schiavi dell’hitech.

Quando è stato inventato il tempo libero? Secondo alcuni storici, già alla metà dell’Ottocento potevano essere rinvenute tracce di riflessioni sul wor

Quando è stato inventato il tempo libero? Secondo alcuni storici, già alla metà dell’Ottocento potevano essere rinvenute tracce di riflessioni sul work/life balance. Durante l’era industriale, per la prima volta il tempo degli uomini era stato diviso e organizzato sistematicamente in ore lavorative e tempo libero. Il lavoro, che prima era considerato una componente imprescindibile della vita di un essere umano, cominciava a diventare un tempo separato e irreggimentato. Quasi che l’esistenza non scorresse durante quelle ore in fabbrica e che la vita “vera” fosse altro.

Un modo di vedere le cose che, ancora oggi, appartiene a determinate categorie di lavoratori. Eppure, dopo un secolo e mezzo la prospettiva sta cominciando a cambiare.

Fissare uno schermo

Charlotte Lieberman, autrice, giornalista, scrittrice che collabora con Harvard Business Review, esperta tra le altre cose anche di tecnologia, ha una teoria interessante su come si sta evolvendo il concetto di tempo libero.

Secondo lei dovremmo cominciare a sostituire del tutto il concetto di Work/Life Balance:

«Oggi gran parte del nostro tempo libero e lavorativo consiste nel fissare uno schermo. Ecco perché vedo un nuovo sforzo di bilanciamento all’orizzonte: una battaglia per trovare il giusto mezzo tra la tecnologia e il mondo fisico. Per dirla in breve: un “tech/body balance».

Tech/Body Balance: bilanciamento tra tecnologia e ‘corpo’, inteso come mondo fisico, concreto, reale. Lieberman parte da alcuni dati statistici per suffragare la sua tesi.

Una ricerca di Deloitte, del 2016, ha scoperto che gli americani controllano, collettivamente, 8 miliardi di volte il proprio smartphone ogni giorno. Mediamente, significa che danno un occhio al cellulare 46 volte al giorno. E lo fanno anche durante il tempo libero: mentre guardano la TV, quando sono con gli amici o a cena.

In Italia non va meglio, anzi. Il 57% degli intervistati (sempre secondo Deloitte) guarda il cellulare immediatamente, al mattino, appena svegli. Il 59% lo controlla almeno 200 volte al giorno. Più di un terzo (37%) dà un occhio allo smartphone anche nel bel mezzo della notte: per vedere che ore sono (nel 20% dei casi), per leggere i messaggi su WhatsApp (15%) e controllare la mail (9%).

Deloitte distingue inoltre una categoria di user ancora più accaniti: i professionisti in carriera. In questo segmento, l’80% degli italiani dichiara di addormentarsi con il telefono in mano. Anche in questo caso, la tendenza è a svegliarsi di notte, ma l’attività principale riguarda le email di lavoro: il 76% le legge e l’83% risponde.

L’uso intensivo dello smartphone sta inoltre provocando problemi alla salute. Non solo fisica. Recenti ricerche hanno dimostrato che i giovani tra i 18 e i 25 anni hanno più possibilità di sviluppare nomofobia, disturbo d’ansia che riguarda il timore di non essere raggiungibili al telefono cellulare. Altri studi hanno correlato la dipendenza da smartphone con depressione, isolamento, ansia, impulsività e bassa autostima.

Tra i disturbi più comuni di natura fisica: tendiniti, tunnel carpale e traumi alla schiena. L’89% dei lavoratori americani, secondo una ricerca di Microsoft, soffrirebbe di mal di schiena cronico a causa della postura assunta durante l’utilizzo dei device elettronici. Nello stesso report, l’82% degli intervistati dichiara che l’utilizzo di uno smartphone ha deteriorato buona parte delle proprie conversazioni dal vivo.

Tech/Body Balance: 3 strategie

Al di là delle statistiche, possiamo intuire anche per esperienza personale in che modo l’uso ossessivo dei dispositivi elettronici influisca sulla nostra vita quotidiana e sul nostro benessere.

Per rimediare, Lieberman ha deciso di condurre un esperimento “informale”, dividendolo in 3 categorie, basate su altrettanti bisogni fisici, per implementare la propria strategia di Tech/Body Balance.

Sonno

Uno studio su bambini e adolescenti, pubblicato su Jama Pediatrics, ha dimostrato una forte correlazione tra l’uso di smartphone e tablet in camera da letto con l’insonnia e la conseguente sonnolenza diurna.

«Per me e tanti altri, il tempo trascorso a letto prima di addormentarsi è finalmente il momento di staccare la spina, smettere di concentrarsi sui compiti del giorno e per crogiolarsi nella nullafacenza», spiega Lieberman.

Per riuscirci, ha provato due strade. Prima del suo esperimento, usava quei minuti prima di addormentarsi per scrollare compulsivamente le bacheche di Twitter e Instagram. “Ho deciso di imporre un limite. Mi sono data 5 minuti per questa attività, un tempo che è passato in maniera incredibilmente veloce. Alla fine, sentendomi annoiata, ho cominciato ad avvertire l’impulso di continuare a scrollare, anche se mi rendevo conto di non imparare nulla di nuovo, né di essere divertita in alcun modo”, racconta.

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L’esperimento non ha funzionato. Ecco perché ha deciso di seguire una strada più radicale: ha settato la sveglia con un vecchio orologio a corda e ha messo lo smartphone sotto carica a pochi passi dal letto. Stavolta la tattica funziona: “Mi sono concessa la possibilità di pensare nel buio e ai miei occhi di stancarsi per conto proprio”.

Mangiare

«I nostri corpi, le nostre menti, hanno bisogno di carburante per funzionare a dovere. Mangiare ci dà questo carburante. Di certo, mangiare può avere delle complicazioni inattese – come problemi digestivi di vario tipo – quando lo stress è coinvolto nel processo (almeno, questo è vero per me)».

Eppure, spiega Lieberman, è molto difficile soprattutto a pranzo mangiare senza stare davanti a un computer, a scrivere una email, pensando alle tante cose da fare. Il secondo esperimento, quindi, è stato di provare a non guardare schermi durante i pasti. “Ma onestamente, è stata dura”, spiega. Giornate troppo piene e il poco tempo da dedicare al pasto hanno ostacolato questo processo.

«Ma ci sono riuscita in diverse occasioni ed è stato davvero illuminante».

Il consiglio, qui, è di provarci almeno una volta la settimana:

«Potrà sembrarvi poco confortevole, ma riuscirete a sentire il vostro corpo. Vi accorgerete inoltre di essere in grado di mangiare più lentamente, masticare più attentamente e godervi molto di più il cibo».

Muoversi

Terzo e ultimo step della strategia di Tech/Body Balance: muoversi senza fissare uno schermo. Qui le strategie provate sono state due. La prima: alzarsi dalla scrivania e fare una passeggiata quando arriva una telefonata. Può sembrare un po’ contro-intuitivo: non è propriamente da ‘dieta digitale’ utilizzare lo smartphone per comunicare. Però, spesso, durante l’orario di lavoro rispondiamo alle chiamate e contemporaneamente guardiamo un altro schermo: il computer o il tablet. “Non so voi, ma io ho questa terribile abitudine di scrivere email mentre sono al telefono”, spiega Lieberman.

Il secondo esperimento è stato più radicale: “Ho deciso di fare una passeggiata, di pomeriggio, durante l’orario di lavoro, lasciando deliberatamente il mio cellulare sulla scrivania”, racconta.

«La pausa dallo stress dell’uso di computer e smartphone mi ha dato un senso di ampiezza e libertà, anche se c’erano dei momenti di panico e disorientamento».

In conclusione, Lieberman riconosce che non c’è una strategia che vada bene per tutti. E, soprattutto, che quella da lei proposta non era una vera e propria “disintossicazione digitale”, anche perché, spiega, “i cambiamenti nel comportamento troppo estremi finiscono per essere insostenibili e improduttivi”.

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Dimentichiamo il Work/Life Balance: ora abbiamo bisogno del Tech/Body Balance

di Redazione Tempo di lettura: 5 min
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