«Quasi tutte le persone di maggior successo lavorano duro, ma anche la maggior parte delle persone nelle classi sociali meno abbienti lavora duro». Qu
«Quasi tutte le persone di maggior successo lavorano duro, ma anche la maggior parte delle persone nelle classi sociali meno abbienti lavora duro».
Questa considerazione è tanto scontata, quanto rivelatrice: lo scrive Thomas Oppong, creatore e curatore di Alltopstartups e columnist per giornali come Inc. A tutti i livelli possiamo trovare persone che lavorano duramente: operai, impiegati, imprenditori. Non tutti però hanno una vita di successo, salari a sei zeri e il lavoro dei sogni.
La conclusione ovvia che discende da questa premessa è che lavorare sodo non basta. È necessario, ma non basta. È famosa l’equazione di Malcolm Gladwell che nel suo libro Fuoriclasse: Storia naturale del successo, fissa in circa 10mila ore il tempo necessario per diventare esperti in una materia: tradotto, tre ore al giorno per dieci anni.
Eppure neanche questo basta: dovremmo chiederci infatti anche quale materia ci aiuterà ad avere successo, nel mondo di oggi e di domani. È necessario quindi anche intuito, capacità di proiettarsi nel futuro.
Insomma, non basta lavorare sodo, occorre lavorare smart, in maniera intelligente. Oppong ci aiuta a capire come.
Introspezione
La prima cosa da fare è partire da se stessi, sempre. Uno studio del 2012 pubblicato sul Journal of Applied Psychology, ha mostrato il potere della “riflessione strutturata” sulle performance di 173 persone, per 9 mesi. Quando i partecipanti avevano riflettuto in maniera approfondita sulle conseguenze delle proprie azioni (secondo una precisa tecnica che prende il nome di AER, after-eventreview), dimostravano un incremento importante nelle proprie doti di leadership.
Tradotto, possiamo dire che l’introspezione e l’esame di sé possono aiutare a diventare più bravi, più produttivi.
Una “formula” simile viene coniata da Charles Duhigg, autore di best-seller e premio Pulitzer, nel suo Smarter Faster Better: The Secrets of Being Productive:
«Produttività, in parole povere, è il nome che diamo ai nostri sforzi di comprendere l’utilizzo migliore che possiamo fare della nostra energia, del nostro intelletto e del nostro tempo. Sforzi che proviamo a tradurre nel risultato più significativo possibile, con il minimo impegno. Un processo che ci aiuta a capire come avere successo con meno stress e meno sforzo».
In quest’ottica, essere produttivi non significa lavorare di più o più duramente ma impiegare in maniera più intelligente il proprio tempo.
La regola 80/20 e il Deep Work
Il prossimo step da indagare è “come si fa”. Oppong illustra alcune tecniche interessanti per riuscire a lavorare in maniera più smart.
Innanzitutto, provare con delle sessioni di Deep Work. Come abbiamo visto, l’ideatore dell’espressione è Cal Newport, che definisce il lavoro “profondo” delle “attività impegnative dal punto di vista cognitivo, che fanno leva sulla nostra formazione per generare risultati unici e di valore, in modo da spingerci a migliorare continuamente le nostre abilità”.
LEGGI ANCHE: “Che cos’è il Deep Work e come viene implementato in Buffer“
Deep Work, in quest’ottica è il contrario di distrazione. Vuol dire concentrazione, impegno, stare alla larga dalle distrazioni. Anche fisicamente: disattivare le notifiche, allontanarsi dai colleghi. Dedicarsi a un compito importante per più ore consecutive.
E qui sorge un’ulteriore domanda: quale compito importante?
Per dedicarsi al Deep Work in maniera efficace è necessario separare i compiti importanti da quelli urgenti e perseguire le attività che daranno i risultati migliori. Scrive Angie Morgan, co-autrice di Spark: How to Lead Yourself and Others to Greater Success:
«Tutti noi siamo occupati, ma lo siamo spesso con le attività sbagliate. Potremmo trascorrere tutto il tempo in ufficio a leggere e scrivere email, ma questo non ci consentirà di ottenere risultati, né ci avvicinerà ai nostri obiettivi più importanti, quelli di lungo periodo. Quando diciamo, “Sono molto occupato”, in realtà stiamo dicendo “Non sono bravo a pianificare”».
Spesso pensiamo che pianificare il nostro tempo voglia dire concentrare quante più attività possibili nella nostra to-do-list quotidiana. Non è così: vuol dire semplificare il proprio lavoro, facendo meglio (non di più), nel minor tempo possibile. E, contemporaneamente, darsi del tempo per fermarsi e riposare.
La regola per riuscirci prende il nome di 80/20, secondo la quale il 20% delle cause dà l’80% degli effetti. Tradotta, vuol dire che è il 20% delle nostre attività quotidiane a determinare gran parte dei risultati attesi. Il resto è di contorno o del tutto inutile.
La strada per lavorare in maniera più efficace è quindi di individuare quella quota di attività, che ti consente di ottenere i risultati più importanti per la tua carriera, per la tua azienda e così via. Una volta fatto questo passo è necessario dedicare gran parte del proprio tempo a essa. E farlo nella parte della giornata in cui si è più energici.
Una volta iniziata questa routine, misurati: sono migliorati i tuoi risultati? Oppure c’è qualche altro dettaglio da mettere apposto? Procedi per prove ed errori.
LEGGI ANCHE: “16 consigli veloci per gestire meglio il proprio tempo“
Le 3 cose che accompagnano il duro lavoro
Citando Scott H Young, programmatore e autore, Oppong riconosce che esistono almeno altri tre fattori – oltre al duro lavoro – che rendono efficaci i propri sforzi nel lungo periodo. Sono creatività, relazioni e apprendimento:
«L’impegno dovrebbe andare in secondo piano rispetto alla creatività, alle relazioni e all’apprendimento di cui abbiamo bisogno. Se vuoi diventare milionario, avrai bisogno di un certo grado di creatività, di rapporti o di conoscenza per riuscirci».
COMMENTS