Che le cause siano da ricercare nella frenesia della vita quotidiana o in un mondo sempre più complesso che facciamo fatica a capire, un dato è cert
Che le cause siano da ricercare nella frenesia della vita quotidiana o in un mondo sempre più complesso che facciamo fatica a capire, un dato è certo: l’ansia sembra colpire sempre più persone. Lo confermano anche i dati di una recente indagine svolta in Italia.
Come si può arginare l’ansia che dilaga? Un rimedio arriva a noi da duemila anni fa.
Italia ansiosa
I più recenti dati statistici non ci lasciano tranquilli. Ansia e attacchi di panico sono estremamente diffusi nella popolazione italiana, soprattutto in determinate fasce d’età.
L’ultima rilevazione è stata effettuata dall’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico (Eurodap). Il sondaggio è stato condotto su soggetti italiani tra i 19 e i 60 anni. Intervistando più di settecento persone, attraverso un sondaggio online, è emerso che il 79 per cento dei soggetti aveva sperimentato alcune manifestazioni fisiche tipiche dell’ansia, in maniera frequente e intensa, solo nell’ultimo mese. Il 73 per cento ritiene di essere molto apprensivo, preoccupandosi spesso anche di piccole cose. Il 68 per cento prova un certo disagio quando sta lontano da casa o da luoghi che gli sono familiari. Il 91 per cento ha infine grandi difficoltà nel rilassarsi.
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Secondo gli esperti dell’Eurodap, poi, cresce anche l’incidenza degli attacchi di panico. Si manifestano generalmente in due fasce di età: innanzitutto tra i 15 e i 35 anni, con una recrudescenza tra i 44 e i 55. Particolarmente diffuso nelle donne, oggi il disturbo è in aumento anche tra gli uomini, professionisti e manager più di tutti.
«Questi dati – spiega Paola Vinciguerra, presidente Eurodap – descrivono uno scenario molto complesso e preoccupante e spesso sottovalutato soprattutto dai più giovani. Episodi di ansia non sono da minimizzare poiché, se ignorati, potrebbero generare a loro volta un attacco di panico. Tale esperienza viene spesso vissuta come un vero e proprio evento traumatico».
La “ricetta” di Seneca
Iniziamo subito col dire che, come tutti i disturbi psicologici, non esiste una “ricetta” miracolosa, che vale per tutti. E che per i casi più seri è sempre necessario l’intervento di uno specialista.
Fatta questa doverosa precisazione, scopriamo come Lucio Anneo Seneca vedeva questo particolare meccanismo della mente umana, che sembra ingigantire le preoccupazioni fino a trasformarle in vere e proprie paranoie.
Seneca, che non ha di certo bisogno di presentazioni, era un filosofo romano, tra i principali esponenti dello stoicismo, dottrina che prevedeva, tra l’altro, la dimenticanza delle proprie passioni e che puntava a una visione razionale della vita.
Nelle sue Epistulae morales ad Lucilium (Lettere a Lucilio), Seneca spinge l’amico alla crescita morale, al perfezionamento e a una vita fatta di autosufficienza. Per riuscirci, il filosofo consigliava di studiare le proprie debolezze. Tra queste, anche la preoccupazione eccessiva per ciò che non è reale:
«Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente – scriveva il filosofo – e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà».
Da qui l’idea che le ansie non sono sempre legate a un dato concreto, ma nascono da timori “irrazionali”, come li definisce Seneca:
«Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra pena o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo».
Da qui dunque l’idea che per tenere a bada ansia e panico dobbiamo fare lo sforzo di guardare alla realtà così com’è e non come la prospettiamo. Vivere nel presente, senza anticipare le possibili preoccupazioni future. Hic et nunc, qui e ora sono le sole cose di cui dovremmo occuparci.
Seneca invita quindi Lucilio a riflettere:
«Chiediti: ‘Forse mi cruccio e mi affliggo senza motivo e mi creo un male che non esiste?’. ‘In che modo,’ domani, posso capire se mi angustio a torto o a ragione?’ Eccoti una norma per stabilirlo: o ci tormentiamo per il presente o per il futuro o per entrambi. Del presente è facile giudicare: se sei libero, sano e non subisci dolorose violenze, guarderemo al futuro: oggi non c’è motivo di crucciarsi. ‘Ma ci sarà’. Innanzi tutto considera se ci sono sicuri indizi di un male prossimo: il più delle volte, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo gabbare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che a maggior ragione determinano la sorte dei singoli. È così, mio caro: crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo a fuoco le cause delle nostre paure e non ce le scuotiamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l’accampamento per il polverone sollevato da un branco di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare da racconti di cose prive di fondamento e di cui non è noto nemmeno l’autore. […] È verosimile che in futuro accada qualche male: ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inaspettati sono accaduti! E quanti, attesi, non si sono mai verificati. E se anche capiterà, a che giova andare incontro al dolore? Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: frattanto augurati il meglio. […] Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia».
Essere presenti a sé – quella autoconsapevolezza (o mindfulness) di cui abbiamo parlato in diverse occasioni – può quindi aiutare. Lo conferma la stessa Vinciguerra, quando parla di come affrontare un attacco di panico:
«Innanzitutto imparare a respirare per rilassarsi – afferma la psicoterapeuta – e poi essere presenti nel qui ed ora cercando di tener presente anche durante un attacco di panico che esso ha una fine; ciò può infatti essere utile per riacquisire la calma perduta. Fondamentale è anche saper spostare l’attenzione: l’eccesso di concentrazione verso ciò che si sta provando durante un attacco di panico fa si che tale esperienza sia vissuta come qualcosa di pericoloso. Saper spostare, invece, l’attenzione altrove può permetterci di distanziarci dai sintomi fisici e dai pensieri catastrofici».
Come accennato in precedenza, non si tratta di un rimedio miracoloso e ogni caso va valutato con attenzione. Il rimedio proposto da Seneca può essere però un inizio.
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