Il gaming non è un gioco da ragazzi: si tratta ormai di una realtà sempre più consolidata nel mercato dell’intrattenimento, che vale già più di 150
Il gaming non è un gioco da ragazzi: si tratta ormai di una realtà sempre più consolidata nel mercato dell’intrattenimento, che vale già più di 150 miliardi nel 2019 e crescerà di quasi il 13% annuo fino al 2027.
Qualche tempo fa abbiamo visto come Amazon sia approdata al gaming, creando il suo primo videogioco. Oggi registriamo un nuovo ‘cataclisma’ nel settore, con l’acquisizione da parte di Microsoft di ZeniMax Media, che controlla alcuni dei videogiochi più popolari della storia. Una mossa che ha come obiettivo principale la vittoria nella battaglia contro Sony e la sua PlayStation.
L’accordo
Già oggi, Microsoft è uno dei più grandi player del settore dei videogiochi, con una fetta del mercato pari al 9 per cento, con revenue che nel 2021 potrebbero arrivare a 2,5 miliardi di dollari, dopo una crescita annuale in doppia cifra negli ultimi cinque anni.
L’accordo è quindi solo un tassello in più per arrivare a dominare il mercato: a settembre Microsoft ha comprato ZeniMax Media per 7,5 miliardi di dollari, che è proprietaria di Bethesda Softworks, autrice di serie di videogame popolarissime del calibro di Fallout (i numeri 3, 4 e il capitolo Las Vegas della saga hanno venduto in totale più di 30 milioni di copie) e The Elder Scrolls (franchising che ha venduto quasi 60 milioni di copie in totale).
Bethesda controlla inoltre altre software house come ID Software, che ha sviluppato i popolari Doom e Quake, Arkane Studios (Dishonored, Prey e Deathloop, in uscita nel 2021), MachineGames (Wolfenstein) e Tango Gameworks (The Evil Within e l’atteso Ghostwire: Tokyo). Con precedenti accordi, Microsoft si era inoltre già aggiudicata titoli del calibro di Minecraft, Halo, Psychonauts, Age of Empires e Hellblade. “Se qualcuno si mettesse a fare una lista”, fa notare GeekWire, “dei principali franchise nella storia dei videogame”, oggi Microsoft ne avrebbe “almeno un quarto”.
Secondo Satya Nadella, il CEO di Microsoft, l’acquisizione di Bethesda aiuterà l’azienda a “raddoppiare, letteralmente, le nostre possibilità nel gaming”. L’accordo, in ogni caso, dovrebbe essere definito nella seconda metà del 2021.
XBox vs PlayStation
La mossa di Microsoft è una sorta di “atto di guerra” a Sony: il 2020 segna l’inizio della nona generazione di console, con l’uscita della PlayStation 5 (di proprietà Sony, appunto) e della Serie X della XBox, di casa Microsoft, entrambe a novembre.
Molti sono convinti che i giochi acquisiti da Nadella e soci non saranno disponibili per PlayStation nel prossimo futuro: Bethesda potrebbe già avere degli obblighi contrattuali con i nuovi titoli in produzione, ma nel prossimo futuro è “improbabile” – questa la parola usata da Michael Pachter, analista del settore gaming e digital – che Microsoft pubblichi delle versioni dei propri giochi per le console concorrenti. È già successo con Minecraft e i giochi di Obsidian Entertainment (altra software house acquisita da Microsoft nel 2018): i nuovi titoli sono tutti per XBox e PC, lasciando fuori PlayStation e Nintendo.
L’obiettivo finale è di puntare tutto su XBox Game Pass, una sorta di Netflix dei videogiochi creata da Microsoft: una libreria di titoli che possono essere scaricati sul proprio PC o sulla XBox, o a cui si può giocare via cloud su smartphone. I prezzi per i consumatori sarebbero molto competitivi: un abbonamento mensile da dieci dollari, con cui giocare a più giochi possibili. E infatti l’abbonamento è stato sottoscritto già da 15 milioni di utenti.
Fino a oggi, la PlayStation 5 era data come favorita nella battaglia delle console, vista la grande quantità di titoli di primo piano attesi in esclusiva sulla piattaforma Sony (“God of War”, “Marvel’s Spider-Man”, “The Last of Us: Part II” e “Bloodborne” tra i più popolari). Microsoft, d’altro canto, ha dovuto rinviare il suo videogioco più atteso, Halo Infinite, al 2021, rischiando quindi di restare indietro nella vendita della nuova XBox, rispetto al diretto concorrente.
Come ha spiegato George Jijiashvili, analista per Omdia, società di consulenza nel settore delle nuove tecnologie:
«L’annuncio [dell’acquisizione di Bethesda] arriva in un momento critico: i mesi prima del lancio della prossima generazione di console, sono quelli in cui i gamer scelgono la loro “religione”. Il ritardo di Halo Infinte è un duro colpo per Microsoft, ma oggi l’azienda può puntare sul Game Pass, che attirerà più giocatori nel lungo periodo, grazie anche a una libreria sempre più grande di titoli d’appeal».
Rischio concentrazione?
Oggi come oggi, fa notare Geek Wire, esistono una manciata di piattaforme che pubblicano videogiochi che sono davvero rilevanti, tre console e due grossi distributori per i giochi su PC. Il rischio è che la mossa di Microsoft riduca ancora di più gli spazi per nuove idee e nuovi player sul mercato. «Esiste, sì» – ribadisce Wire – «un’enorme quantità di sviluppatori» e «di talento ce n’è ancora tanto», ma ormai il mercato è controllato soprattutto dalle serie di videogame più popolari, che oggi sono sempre di più nelle mani di pochi. E, con la crescita delle esigenze dei gamer, lo sviluppo dei giochi diventa sempre più costoso, escludendo quindi i pesci più piccoli.
Geek Wire paragona le ultime acquisizioni di Microsoft a quello che è successo con Disney, che lo scorso anno ha comprato la 20th Century Fox, creando un colosso dell’intrattenimento difficile da contrastare. Qualora l’acquisizione di Bethesda dovesse rivelarsi un successo per l’azienda fondata da Bill Gates, il rischio è che il modello venga ulteriormente replicato, riducendo ancora di più gli spazi per la concorrenza. È quanto già successo in Giappone, dove i quattro sviluppatori che dominano il mercato (Square Enix, Koei Tecmo, Namco Bandai e Sega) sono frutto di fusioni e acquisizioni. È quanto già sta succedendo anche alle aziende di software occidentali:
«L’ottava generazione di giochi per console – spiegano ancora da Geek Wire – ha già avuto un problema: una sorta di uniformità nel design, con molti titoli AAA [sigla con cui si intendono i “blockbuster” dei video giochi, ndr] che sembravano molto simili tra loro. […] Meno player ci sono sul mercato, meno spazio ci sarà per rischiare dal punto di vista creativo».
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