La lunga corsa verso il successo: storia di Enzo Ferrari

La lunga corsa verso il successo: storia di Enzo Ferrari

Già a dieci anni, Enzo Ferrari sa che il suo mondo saranno le automobili da corsa: un settore che lo vedrà protagonista mondiale nei successivi 80 anni. La storia dell’uomo che ha segnato per sempre il settore.

«Io non ho mai fatto un viaggio turistico non sono mai andato una volta in vita mia in vacanza; per me le più belle ferie sono quelle di restare nella

«Io non ho mai fatto un viaggio turistico non sono mai andato una volta in vita mia in vacanza; per me le più belle ferie sono quelle di restare nella mia officina quando vi sono rimasti pochi collaboratori; è il momento in cui ci si può concentrare in programmi di studi e modifiche».

Queste parole di Enzo Ferrari aiutano a definire il personaggio, forse più di ogni evento della sua vita. Trascorre gran parte della sua esistenza tra Modena e Maranello. Ha delle relazioni tormentate, ma preferisce la solitudine o la compagnia di pochi amici scelti. Sarà così fino all’ultimo momento: per sua volontà, la notizia della sua morte sarà data con un giorno di ritardo. Al funerale, privato, vengono invitate pochissime persone da lui stesso selezionate.

Un’unica, vera, grande passione segna tutta la sua lunga vita: quella per i motori. Che lo porterà a creare uno dei più noti brand automobilistici al mondo.

Il sogno di diventare pilota

Enzo Anselo Ferrari nasce a Modena, il 18 febbraio 1898. È il secondo figlio di Adalgisa Bisbini, nobile terriera di Forlì, e Alfredo Ferrari, di Carpi, titolare di un’officina meccanica che ha 30 dipendenti.

La decisione di diventare pilota arriva a dieci anni. Il padre Alfredo lo porta a Bologna, per assistere alla sua prima gara automobilistica. La competizione lo emoziona e ispira e decide che sarà quella la sua strada.

Il sogno si realizza otto anni dopo, nel 1916. Per lui è un periodo molto difficile: nei mesi precedenti ha perso il padre, a causa di una polmonite, e poi il fratello, morto nel conflitto mondiale.

Dopo le prime gare, prova a farsi prendere dalla Fiat come pilota, ma viene rifiutato. Nel 1919 guida quindi con la CMN, Costruzioni Meccaniche Nazionali: qui, tra le altre mansioni, fa anche test di guida. Partecipa alla Targa Florio, in Sicilia, la più importante gara automobilistica in quel momento in Italia, arrivando nono.

L’anno successivo arriva in Alfa Romeo e alla stessa gara arriva secondo.

Il cavallino rampante

L’attività da pilota continua e Ferrari comincia ad avere un seguito. Nel 1923, dopo una gara vinta a Ravenna, incontra la madre di Francesco Baracca, storico asso dell’aviazione italiana durante la Prima guerra mondiale. La donna, colpita dalla bravura del giovane, lo avvicina dopo la competizione, dicendogli: «Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna».

Il cavallino nero, su sfondo giallo, era stato il simbolo della squadra aerea del figlio. Un simbolo che Ferrari farà conoscere in tutto il mondo.

Dopo questo episodio le vittorie si moltiplicano: nel ’24, vince sul Savio (è il secondo anno consecutivo), poi in Polesine e la prima edizione della Coppa Acerbo. I ritmi però sono elevatissimi e Ferrari non regge: alla fine di quello stesso anno si ferma, perché rischia l’esaurimento nervoso.

Torna alle corse tre anni dopo, vincendo ancora a Modena e Alessandria.

La scuderia Ferrari e Avio

È il 1929 quando nasce la Scuderia Ferrari, officina tecnica e meccanica per le Alfa Romeo. Il team porta anche in gara le vetture del biscione e riesce a mettere insieme una squadra di piloti d’eccezione, tra cui il mitico Tazio Nuvolari. Alle gare partecipa anche lo stesso Enzo Ferrari, anche se per poco: nel 1931 è l’anno della sua ultima vittoria, alla Bobbio-Passo del Penice, mentre nel ’32 si ritira. La decisione arriva dopo la nascita del figlio Alfredo, detto Dino, che morirà giovanissimo, nel 1956, a causa della distrofia muscolare, lasciando Enzo Ferrari devastato.

Nel 1933, l’Alfa Romeo si ritira ufficialmente dalle gare automobilistiche e la Scuderia Ferrari ne raccoglie l’eredità, utilizzando l’immagine sportiva del marchio per le competizioni. Grazie ad altri campioni come Giuseppe Campari, René Dreyfus e Achille Varzi, la Scuderia diventa rapidamente un faro nel mondo delle competizioni motoristiche.

Il giocattolo si rompe nel 1939. Wilfredo Ricart, ingegnere spagnolo che sviluppa motori per l’Alfa, ha una lite con Enzo Ferrari, che decide quindi di mettersi in proprio. Fonda l’Auto Avio Costruzioni, con l’intenzione di produrre per la prima volta automobili in proprio. Ferrari non può ancora usare il proprio cognome, a causa di un accordo chiuso precedentemente con le Scuderie, che glielo impediscono per cinque anni.

Lo scoppio della Seconda guerra mondiale, però, mette temporaneamente in pausa il sogno di Ferrari. La prima spider Avio esce nel 1940, è la 815 e ne vengono prodotti solo due esemplari. In quel momento, però, per via del conflitto vengono sospese tutte le competizioni sportive.

La Avio si specializza quindi nella produzione di macchine rettificatrici oleodinamiche a sfera, un’attività piuttosto redditizia.

Negli anni della guerra, arriva anche lo spostamento dell’attività da Modena a Maranello. Enzo Ferrari spera così di sfuggire ai bombardamenti: l’idea infatti è che le cittadine di periferia siano più al sicuro, rispetto ai centri. La previsione si rivela però errata: nel 1994 lo stabilimento viene raso al suolo.

La prima Ferrari

Al termine del conflitto, Ferrari è finalmente libero di usare il proprio cognome. Con questo marchio arriva nel 1946 la prima automobile, la 125 Sport. è una meraviglia dell’ingegneria, soprattutto per via del suo motore a 12 cilindri: un’operazione considerata quasi impossibile dal punto di vista tecnico, almeno per l’epoca.

È il modo che Ferrari ha scelto per distinguersi dal resto delle automobili da corsa: la sua è l’unica con questo tipo di caratteristiche. I 12 cilindri sono un “messaggio”: la sua auto è esclusiva, per raffinatezza meccanica e capacità tecnologica. Questo ci dice molto dell’abilità di Ferrari anche come ‘marketer’. Il commendatore è infatti considerato come un antesignano delle moderne tecniche di marketing.

Dopo la prima vittoria della 125 S, al Gran Premio di Roma del 1947, arrivano grossi finanziamenti da banche e creditori. Tutti vogliono la 125 e Ferrari la mette anche sul mercato.

Per pubblicizzarla, Ferrari pubblica anche un libretto di otto pagine di colore giallino: è l’unica azienda all’epoca a realizzare qualcosa del genere. Sulla copertina c’è stampato un enorme cavallino rampante: comincia la storia di un brand che diventerà leggendario.

Quello di Roma è solo il primo di una serie di successi sportivi per la Ferrari. Nel ’48 arriva la prima vittoria alle Mille Miglia: fino al 1957, ne conquista otto. Nel ’49 arriva la vittoria alla 24 Ore di Le Mans. Nel 1950 c’è anche il debutto in Formula1, mentre la prima vittoria durante la competizione è dell’anno successivo, al GP di Gran Bretagna. Ferrari dovrà aspettare ancora un solo anno prima del primo titolo mondiale: a pilotare è Alberto Ascari. Con il fondatore in vita, la Ferrari conquisterà poi altri sedici titoli in Formula1, otto piloti e otto costruttori.

Ferrari è anche noto per aver praticamente inventato gli sponsor nelle gare automobilistiche. Lo racconta lui stesso:

«Una delle prime volte che incontrai Valletta (storico dirigente FIAT, ndr) questi mi rivolse una domanda curiosa: “Ferrari, mi dicono che lei riesce a fare le corse d’auto e a guadagnare dei soldi, mentre noi, Fiat, ci siamo stancati per le eccessive spese che esse comportano”. Gli spiegai che quelle scritte che avevo sui camion della mia scuderia erano dei fornitori che sovvenzionavano la mia attività. A quei tempi non si chiamavano ancora sponsor. E aggiunsi che dalla Shell, ad esempio, prendevo 120.000 lire al mese. Valletta rimase scioccato».

Le vittorie in pista portano fama al brand, che comincia a diventare noto in tutto il mondo. È anche merito dei progettisti che hanno conferito alle macchine di casa Ferrari un design unico: Nuccio Bertone, Alfredo Vignale e, su tutti, Giovanni Battista “Pinin” Farina.

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Arriva la FIAT

Gli anni ’60 non vanno altrettanto bene per Ferrari. Le automobili vengono acquistate in tutto il mondo e i profitti continuano a crescere. Il problema è che le spese necessarie per il reparto corse risucchiano quasi tutti i guadagni. Ferrari non può e non vuole rinunciare alle piste e quindi l’azienda arriva sull’orlo del fallimento.

Le opzioni sono due: vendere o chiudere. Nel 1963 arriva una prima offerta dalla Ford, che vuole acquistare l’intera società. Ferrari rifiuta. Due anni dopo, accetta invece un accordo con la FIAT, che acquisisce un primo pacchetto azionario. Nel 1969, l’azienda torinese acquisisce la metà dell’azienda del cavallino, per 2 miliardi di lire.

Enzo Ferrari lascia il suo impegno nelle attività sportive dell’impresa nel 1971, quando passa il timone al giovane Luca Cordero di Montezemolo. Continuerà però ad avere un ruolo di primo piano fino all’agosto del 1988, anno in cui la FIAT si aggiudica il 90% della società. In quello stesso mese, il giorno 14, Enzo Ferrari muore a Maranello.

Quella del “Drake” – come veniva nominato nel mondo delle corse – è stata la storia di un’indomabile passione, quella per i motori, che non l’ha mai abbandonato.

«Ho trovato uomini – ha spiegato lui stesso – che indubbiamente amavano come me l’automobile. Ma forse non ne ho trovati altri con la mia ostinazione, animati da questa passione dominante nella vita che a me ha tolto il tempo e il gusto per quasi ogni altra cosa. Io non ho alcun diverso interesse dalla macchina da corsa».

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La lunga corsa verso il successo: storia di Enzo Ferrari

di Gennaro Sannino Tempo di lettura: 6 min
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