La storia di Brandon Stanton: il creatore di Humans of New York

La storia di Brandon Stanton: il creatore di Humans of New York

Fino a qualche anno fa Brandon Stanton lavorava come trader finanziario per una società di Chicago. E aveva una passione, la fotografia, che coltivava

Fino a qualche anno fa Brandon Stanton lavorava come trader finanziario per una società di Chicago. E aveva una passione, la fotografia, che coltivava in maniera amatoriale realizzando qualche scatto nei sobborghi della città nel week-end. La sua storia inizia nel novembre 2010, quando perde il lavoro e si ritrova, di punto in bianco, senza nulla fra le mani. Nulla a parte la sua Canon EOS 7D. Brandon Stanton non ritorna nella natia Atlanta, ma decide di spostarsi a New York. Ha un progetto in testa: realizzare 10.000 ritratti di passanti nella Grande Mela per poi inserirli in una mappa interattiva. Qui comincia la storia di Humans of New York.

Raccontare una storia

Brandon Stanton ha raccontato la nascita e lo sviluppo del suo progetto con un post su Reddit nel 2013. Ma sono i numeri a parlare per lui: quasi 18 milioni di “Mi Piace” su Facebook, 5,9 milioni di follower su Instagram, altri 472.000 sul profilo Twitter di Brandon Stanton, una media di 50.000 accessi mensili, secondo Semrush, al sito ufficiale. E poi due libri, entrambi best-seller, una miriade di imitazioni e un numero imprecisato di progetti paralleli realizzati per i più diversi scopi e nelle più disparate parti del Mondo. Quello che stupisce di Humans of New York è proprio la comunità che è riuscito a creare attorno a sé. Perché, sì, le foto sono belle ma, diciamo la verità, non sono nulla di trascendentale: chiunque, con una reflex e un minimo di nozioni, potrebbe riuscire a fare altrettanto. Brandon Stanton non è un fotografo professionista, e si vede. Eppure, le sue foto sono seguite, commentate e condivise da persone di tutto il Mondo. Perché? Se lo sono chiesti in tanti. E tanti hanno voluto chiederlo alla mente dietro questo progetto.

Quello che emerge dalle numerose interviste rilasciate nel corso degli anni è la capacità di raccontare una storia. Brandon Stanton ha più volte evidenziato come il progetto abbia iniziato a raccogliere un certo seguito quando decise di porre, a corredo delle sue fotografie, brevi stralci delle conversazioni che aveva avuto con i soggetti del suo progetto. Una scelta che ha in qualche modo snaturato l’idea iniziale, ma che le ha consentito di correre oltre i confini naturali della Grande Mela e di raggiungere una dimensione universale. Il modus operandi era (ed è) sempre lo stesso: fermare un passante, spiegargli il suo progetto, scattare la foto e poi scambiare con lui (o con lei) qualche battuta. C’è chi parla del tempo, chi di sport, chi del suo lavoro, chi delle quotidiane preoccupazioni e speranze che attanagliano la vita di tutti giorni. Storie, insomma. Tantissime storie che, messe insieme, diventano il racconto di un’intera città e, perché no?, del Mondo ai tempi della globalizzazione.

Cosa fare di questa comunità? Chiunque, a parte qualche rara eccezione (leggi Jimmy Wales), avrebbe sfruttato la potenza sintetica dei numeri per monetizzare quello che era riuscito a creare. Brandon Stanton ha invece scelto una strada diversa, coraggiosa per uno che si era ritrovato, da un giorno a un altro, senza un impiego: ha offerto gratuitamente al Mondo il proprio lavoro, sopravvivendo, almeno nei primi tempi, con i sussidi di disoccupazione e con il denaro che era riuscito a prendere in prestito da amici e genitori. Forse sapeva già che i soldi, se le cose fossero andate per il verso giusto, sarebbero arrivati per altre strade, per esempio dagli introiti delle vendite dei suoi libri. Ma allora, cosa fare di questa comunità? Lasciarla semplice spettatrice sarebbe stato uno spreco. E allora ha deciso di mobilitarla per cause più nobili.

Dall’uragano alla borsa di studio

Il primo passo si ha nell’ottobre 2012, quando l’uragano Sandy si abbatte sulle isole dei Caraibi e su parte della costa atlantica degli Stati Uniti. Brandon Stanton visita in quei giorni le zone più colpite di New York, dove ha modo di immortalare il dramma dei residenti e i soccorsi dei volontari. Decide quindi, insieme a David Karp, fondatore di Tumblr, di lanciare su Indiegogo una raccolta fondi per le popolazioni colpite dal cataclisma. L’obiettivo è di 100.000$: in appena dodici ore raccoglie 86.000$, fermandosi poi alla considerevole cifra di 318.530$. L’anno successivo, sempre su Indiegogo, lancia una campagna per raccogliere i 26.000$ necessari a Duane Watkins e sua moglie Kristen per adottare un bambino orfano dell’Etiopia: l’obiettivo viene raggiunto in soli 90 minuti, la campagna si ferma a 83.000$. Nel gennaio 2015 l’opera filantropica di Brandon Stanton fa il salto di qualità. Conosce e fotografa per strada Vidal, un ragazzino di 14 anni del distretto di Brownsville, Brooklyn. Vidal parla e, rispondendo alle domande del fotografo, afferma che la sua fonte principale di ispirazione è la preside della sua scuola, Mrs. Lopez.

vidal

Brandon Stanton decide di conoscerla e, d’accordo con lei, lancia una nuova campagna per consentire agli studenti di visitare l’Università di Harvard. L’obiettivo di 100.000$ viene raggiunto al tempo record di 45 minuti. La campagna prosegue, riesce a finanziare anche dei programmi estivi e una borsa di studio che prende il nome di “Vidal Scholarship Fund”: alla fine, grazie al contributo di 51.476 donatori, raggiunge la strabiliante cifra di 1.419.509$. Un risultato che non passa certo inosservato, al punto tale che Brandon Stanton, Mrs. Lopez e il giovanissimo Vidal ricevono l’invito per un incontro con Barack Obama alla Casa Bianca. Le foto del Presidente e dello strano trio nello Studio Ovale fanno il giro del Mondo. Gli occhi sono tutti per lo studente di belle speranze e per la coraggiosissima preside. Ma i giornalisti in fondo sanno che tutto ciò è stato possibile soltanto grazie al contributo di Brandon Stanton. E della comunità che è riuscito a creare.

President Barack Obama meets Vidal Chastanet, Brandon Stanton and Nadia Lopez and is photographed for a "Humans of New York" Instagram in the Oval Office, Feb. 5, 2015. (Official White House Photo by Pete Souza) This official White House photograph is being made available only for publication by news organizations and/or for personal use printing by the subject(s) of the photograph. The photograph may not be manipulated in any way and may not be used in commercial or political materials, advertisements, emails, products, promotions that in any way suggests approval or endorsement of the President, the First Family, or the White House.

Insomma, Brandon diventa un brand (si perdoni il facile gioco di parole). Le persone lo conosco, lo apprezzano, lo ascoltano. Si arriva perfino a risultati paradossali, come quella volta in cui, nel maggio 2013, aggiorna per sbaglio lo status di Facebook digitando solamente la lettera “Q”: in pochi minuti il post (se così si può definire) raggiunge 73 “Mi Piace”. Brandon Stanton è virale, come si dice nel gergo. E le più diverse istituzioni fanno a gara per accaparrarsi il suo nome e la sua fama. Istituzioni come l’UNHCR, che nel settembre 2015 lo coinvolge in un progetto di due settimane nell’Europa orientale attraversata dai migranti della cosiddetta “rotta balcanica”. Ne scaturisce, oltre che un nuovo book fotografico, un aumento delle donazioni e del supporto all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. L’ultimo capitolo di questa storia è stato scritto nel marzo 2016: una lettera aperta al candidato repubblicano Donald Trump, pubblicata sulla pagina Facebook di Humans of New York e firmata Brandon Stanton. Non importa quello che c’è scritto, non importa come è stato scritto. Quello che conta è il risultato. E un primo risultato è stato già raggiunto: con oltre 1,1 milioni di condivisioni (e 2,3 milioni di “Mi Piace” e 73.000 commenti), il post è diventato uno dei più condivisi della storia del popolare social-network, se non proprio il più condiviso. L’altro risultato si avrà il prossimo novembre, quando gli Stati Uniti saranno chiamati a decidere il nuovo inquilino della Casa Bianca. E chissà che la comunità di Humans of New York non si faccia sentire con i suoi numeri.

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La storia di Brandon Stanton: il creatore di Humans of New York

di Giacomo Corvi Tempo di lettura: 5 min
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