Quante volte il lavoro “di concetto” è stato (e lo è ancora) degradato come troppo semplice, poco stancante? Chi lavora davanti a un computer tutto il
Quante volte il lavoro “di concetto” è stato (e lo è ancora) degradato come troppo semplice, poco stancante? Chi lavora davanti a un computer tutto il giorno, fa un lavoro creativo o comunque un’attività in cui è impegnata molto la mente e poco il corpo, tende a sottovalutare la fatica. Eppure si tratta di uno sforzo reale che consuma energia quanto il lavoro ‘fisico’.
Il problema è che abbiamo la tendenza a sottovalutare le conseguenze dell’eccessivo sforzo mentale, finendo per soffrire disturbi psichici e fisici non indifferenti. Ce ne parla Katie Heaney, del New York Magazine.
Una fatica ‘guadagnata’
Nell’essere umano adulto, il cervello è pari a circa il 2% del peso corporeo. Malgrado ciò, è proprio a quest’organo che si deve una buona fetta del nostro fabbisogno energetico: il 20% dell’ossigeno e delle calorie che consumiamo servono a far funzionare la mente.
Si tratta di dati ampiamente dimostrati dalla sciemza. Ecco perché non dovrebbe meravigliarci la stanchezza fisica che avvertiamo anche quando trascorriamo tutto il giorno al pc.
«I nostri muscoli, in genere, non assorbono grandi quantità di ossigeno: succede solo durante l’esercizio. Ma il cervello consuma sempre grandi quantità della nostra energia».
A parlare è il dottor Steve Feinsilver, direttore del reparto medicina del sonno al Lenox Hill Hospital.
A questo consumo di energia ‘medio’ va inoltre aggiunto un surplus derivante dallo stress.
«Il tuo cuore pulserà più forte e produrrà adrenalina sia che qualcuno ti stia inseguendo, sia che tu sia molto arrabbiato riguardo a qualcosa», spiega Feinsilver.
Il dottore sostiene che il corpo umano reagisce allo stress indipendentemente da quale ne sia la causa: un problema matematico è quindi ‘equivalente’ a una corsa.
Insomma, quando siamo in stato cosciente, il cervello richiederà grandi quantità di energia ed è quindi paragonabile a del vero lavoro fisico, anche se non è altrettanto visibile.
Sensazioni contagiose
La faccenda si complica ancora di più se siamo abituati a lavorare in un ambiente poco sano dal punto di vista umano. Come spiega Curtis Reisinger, psicologo clinico presso lo Zucker Hillside Hospital, le sensazioni sono in qualche modo contagiose. In un ufficio dove regnano frustrazione, stress, insoddisfazione, molto probabilmente finiremo per provare anche noi le stesse cose:
«Le emozioni sono piuttosto contagiose: ecco perché l’ambiente in cui siamo può farci sentire esausti. Se ci troviamo in un gruppo in cui tutti parlano di quanto sono stanchi e stressati, con il tempo questa sensazione diventerà normale all’interno del gruppo».
Reisinger, citando il lavoro della collega Lisa Feldman Barrett sull’argomento, si sofferma inoltre sulla fatica che richiedono le risposte emotive e mentali agli stimoli che ci circondano. In particolare, spiegano gli scienziati, il nostro cervello si concentra eccessivamente sulle previsioni di eventi futuri, basate su esperienze passate. Reisinger fa l’esempio di un colloquio, che un candidato dovrà tenere l’indomani. Nel prepararsi, il giorno prima, il candidato avrà una serie di emozioni molto simili a quelle provate durante colloqui precedenti:
«Sarà in grado di controllarsi, ma se qualcuno misurasse il suo battito cardiaco oppure la risposta galvanica della sua pelle, si accorgerebbe del cambiamento nei fattori fisiologici: è da qui che proviene la fatica», spiega lo psicologo.
Un lavoratore freelance, mentre sta seduto al suo computer, proverà per esempio la sensazione di fallimento e delusione di chi ha mancato una deadline. Analizzare costantemente – anche se inconsciamente – tutti i possibili scenari futuri è ovviamente spossante. E Reisinger specifica che le persone con disturbi d’ansia e/o depressione – proprio coloro che passano più tempo a ‘prevedere’ scenari catastrofici – avranno probabilmente più possibilità di avvertire fatica intensa.
Il potere dell’acqua
Come se ne esce? La risposta può sembrare banale, ma è veritiera: riposandosi adeguatamente. Nel 2009, psicologi e medici delle Università di Pittsburgh e Virginia, hanno correlato la carenza di sonno negli studenti del college con una maggiore possibilità di contagio del virus del raffreddore.
Questo e molti altri studi in materia dimostrano che un periodo di forte sforzo emotivo ha importanti ricadute su tutto l’organismo. Ecco perché dovremmo occuparcene in maniera seria, proprio come se si trattasse di affaticamento fisico.
Il problema è che spesso in assenza di sforzo fisico ‘concreto’ abbiamo difficoltà a dormire un numero di ore adeguato:
«Lo sforzo mentale è reale, e di certo può essere stancante, ma io credo che lo sforzo fisico renda più semplice concedersi una buona dormita».
Il primo consiglio per affrontare lo sforzo mentale è quindi fare regolarmente esercizio fisico, in modo da garantirsi il giusto riposo notturno. Quando il lavoro non lo consente, è importante muoversi il più possibile a intervalli regolari durante il giorno:
«In generale – spiega Reisinger – la regola è: almeno una volta ogni 30 minuti, alzati, passeggia nella stanza, bevi un bicchiere d’acqua, piega un po’ le ginocchia. Le persone si disidratano quando stanno sedute: e l’idratazione ha un’influenza importante su come ti senti».
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