Andare in pensione a 35 anni: un sogno che si realizza, ma a che prezzo? Di sicuro non è un obiettivo per tutti: occorrono capacità di guadagnare tan
Andare in pensione a 35 anni: un sogno che si realizza, ma a che prezzo? Di sicuro non è un obiettivo per tutti: occorrono capacità di guadagnare tanto (sia con un buon lavoro a più zeri, sia grazie a investimenti mirati anche importanti) e soprattutto l’abilità di tagliare tutto quanto non sia essenziale per sopravvivere.
È una scelta che potrebbe stare stretta a molti, ma c’è chi ce l’ha fatta.
L’esperienza di Steve Adcock, in pensione a 35 anni
Steve Adcock è in pensione da quattro anni, dopo aver lasciato il suo lavoro con uno stipendio a cinque zeri. La particolarità? Oggi ha 39 anni ed è quindi andato in pensione a 35. Sua moglie, Courtney, ha fatto la stessa scelta nel 2017, andando in pensione a 31.
“Non è stato facile”, ha spiegato Adcock. Ci sono riusciti soprattutto grazie a un lavoro ben pagato, ai consistenti investimenti nel mercato azionario, ai contributi pensionistici versati, ma in realtà “gran parte del nostro successo è nato dal taglio delle spese”, racconta. Una scelta difficile, dal momento che, come tutti, era abituato a non prestare molta attenzione alle spese. Adcock ha raccontato di come abbia cominciato a tagliare, in particolare, su sette voci di spesa, una scelta che secondo lui ogni americano dovrebbe fare.
Ecco la lista delle spese considerate inutili:
- Mangiare fuori
- Comprare di volta in volta smartphone ultimo modello
- Accumulare troppi vestiti
- Acquistare i biglietti della lotteria
- Sottoscrivere le estensioni di garanzia su elettrodomestici e altri prodotti. Adcock cita qui uno studio di Stanford, in cui si sostiene che i consumatori tendono a sottoscrivere l’estensione di garanzia perché sono convinti che ci saranno più danni di quanto non sia in realtà probabile. Secondo Adcock è in realtà meglio informarsi di più sul prodotto, prima dell’acquisto, e scegliere in base alla sua durevolezza nel tempo.
- Abbonamenti alla TV via cavo
- Acquisti impulsivi
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Le spese essenziali degli italiani
Secondo gli ultimi dati dell’Istat, le voci di spesa delle famiglie italiane nel 2019 sono principalmente legate ai beni essenziali:
- Casa e utenze costituiscono il 35 per cento del totale
- Cibo e bevande analcoliche il 18,1 per cento, con una media di 464 euro spesi a famiglia
- Trasporti, che rappresentano l’11,3 per cento
Parliamo di quasi due terzi della spesa delle famiglie concentrata in queste tre categorie, che sembrano impossibili da tagliare. Anche dietro queste spese essenziali, però, si nascondono possibilità di risparmio.
Un esempio è rappresentato dagli sprechi alimentari. Si stima che, ogni anno, gli italiani buttino via 12 miliardi di euro di cibo, circa 36 chili in media a famiglia che finiscono in pattumiera: è il frutto di scelte di acquisto sbagliate e scarsa programmazione. Principalmente, finiscono nel cestino pane e verdure, ma anche bevande analcoliche, legumi, frutta fresca, pasta.
È questo solo uno dei risvolti del rapporto complicato degli italiani con il cibo, che è da sempre uno dei piaceri a cui rinunciamo con più difficoltà. Lo dimostra anche la quantità di soldi che ‘investiamo’ per mangiare fuori. Nel 2019, in totale, gli italiani hanno speso 86 miliardi di euro (+0,7%) nella ristorazione, un trend in crescita negli ultimi 11 anni, dal 2008 (anno nero della crisi sub-prime): nel giro di dodici mesi, tale cifra è cresciuta del 7,2 per cento e di 5,5 miliardi in termini assoluti. Il costo per mangiare fuori rappresenta il 36 per cento della spesa totale che noi italiani destiniamo al cibo in generale. A persona, la cifra arriva a più di 1.300 euro l’anno.
La crisi sanitaria che abbiamo vissuto ha ridotto drasticamente tale spesa. Questo è un dramma, chiaramente, per chi ha un’attività nel settore, ma forse può aiutarci a rivedere le nostre abitudini di consumo e scegliere le nostre priorità.
La terza voce di spesa per gli italiani, come accennato, riguarda i trasporti: l’11,3 per cento del totale, pari a circa 288 euro al mese. Anche qui si tratta in molti casi di una spesa ineludibile, ma possiamo fare qualcosa almeno per ridurre i costi? Se viviamo in una città dotata di un buon trasporto pubblico, possiamo per esempio scegliere un abbonamento mensile o annuale, che ci permette di spendere meno rispetto a un’auto. Allo stesso tempo, possiamo scegliere automobili che consumano meno e usarle in condivisione (almeno quando sarà sicuro farlo) con colleghi e amici. Perché non scegliere poi mezzi di locomozione del tutto green e che ci aiutano anche a mantenerci in forma (tagliando qui su ipotetici costi della palestra, per esempio), come la bicicletta o i nostri stessi piedi?
Abbigliamento, smartphone, alcol e tabacchi: quanto spendono gli italiani?
Tornando ora alla lista di Adcock, gli italiani non sembrano molto propensi a spendere troppo in abbigliamento e calzature: la famiglia media spende 115 euro al mese, circa il 4,5% del totale. Più diffusi invece gli esborsi in cura della persona, in crescita a 190 euro mensili (considerati però insieme nella macrocategoria “Altri beni e servizi”).
In crescita costante anche gli acquisti per smartphone. Secondo l’ultimo rapporto Censis su Comunicazione, Media e Costruzione di Identità, nel giro di un decennio l’esborso per telefoni, smart e non, ha registrato un impressionante +298,9%, per un totale di 7 miliardi di euro spesi solo nel 2019.
Non rientrano di sicuro tra gli acquisti essenziali quelli in tabacco, alcol e gioco d’azzardo, che pur non figurando tra le principali voci di budget degli italiani, rappresentano comunque un’opportunità di risparmio quando eliminate.
Gli ultimi dati per alcolici e fumo risalgono al 2017, quando l’Eurostat ha calcolato le spese in questi prodotti per tutti i cittadini del Vecchio Continente. In Italia, mediamente, il costo procapite è di 300 euro l’anno (18 miliardi) per sigarette e simili, mentre si ferma a 200 per gli alcolici (il dato però non tiene conto degli acquisti in hotel o al ristorante). Il gioco legale, invece, è arrivato nel 2019 a 19,5 miliardi, 348 euro l’anno a italiano, in media. Almeno per quanto riguarda il circuito legale.
Ultima voce dalla lista di Adcock, lo shopping compulsivo. Secondo alcune stime, ne è affetto il 5 per cento della popolazione italiana, ma non si ha notizia di stime sul budget effettivo che viene destinato a questo tipo di acquisti.
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