Se oggi basta un computer, uno smartphone o un tablet per ascoltare musica senza limiti lo si deve al genio imprenditoriale di Daniel Ek. Forse il nom
Se oggi basta un computer, uno smartphone o un tablet per ascoltare musica senza limiti lo si deve al genio imprenditoriale di Daniel Ek. Forse il nome del 34enne svedese non dirà molto ai più. Eppure tutti conoscono il servizio di streaming musicale di sua invenzione: Spotify. La piattaforma è diventata in pochi anni, dal 2008 a oggi, un successo planetario con 100 milioni di iscritti, di cui la metà paganti. Ma come è riuscito un ragazzo nato in un piccolo sobborgo di Stoccolma, Ragsved, a rivoluzionare l’intera industria musicale? Raccontiamo la sua storia e le ragioni di un successo clamoroso.
Il no di Google e gli anni da startupper seriale
Da piccolo Ek ha due passioni: la chitarra e il computer. Sogna di diventare un artista, ma avrà molta più fortuna nell’hitech. Fa siti fin da giovanissimo e guadagna un po’ di soldi. L’università non è per lui. Ha grandi ambizioni e vuole raggiungere subito risultati. Punta in alto: Google. Prova a entrare nell’azienda, ma riceve un “no” che gli fa male. Ma poco importa. Riparte ma da startupper. Prima con Advertigo, un’azienda nel ramo pubblicitario, poi con Tradera, servizio di vendita online acquistato poi da eBay.
Ricco ma depresso
Dopo una vita sregolata, tra macchine di lusso (una Ferrari), party e belle donne, scopre di essere depresso. Allora molla tutto, si rifugia in un monolocale a Ragsved e lì insieme a un suo ex cliente, l’imprenditore Martin Lorentzon, decide di inventarsi qualcosa nell’industria musicale. Il modello di ispirazione è Napster, il programma di file sharing di Sean Parker, che conosce uno straordinario successo sul finire degli anni novanta, per poi incorrere in tutta una serie di battaglie legali per violazione di copyright. Ed vuole fare qualcosa di diverso: trovare un modo per rendere le canzoni accessibili a tutti, e al contempo combattere la pirateria, che in quegli anni era un piaga soprattutto nei Paesi del Nord Europa. Così nasce Spotify che sale agli onori della cronaca quando a investirci, ben 15 milioni, è proprio l’ex founder di Napster, Sean Parker. Con lui arrivano gli investitori grossi, l’accordo con Facebook (Sean siede nel consiglio di amministrazione del social network). In totale fino a oggi Spotify ha raccolto 1,56 miliardi di dollari in otto round, secondo Crunchbase.
Spotify il Napster legale
Dei ricavi della piattaforma, che giungono da pubblicità e abbonamenti, il 70% finisce alle case discografiche e ai cantanti. Dal 2008 al 2015 agli artisti sono stati versati circa 3 miliardi di dollari. E Spotify è diventato in pochissimo tempo una delle più importanti fonti di guadagno delle etichette per quanto concerne il mercato digitale. Se ci è riuscito lo si deve a un modello di business più che indovinato e a una serie di strategie che hanno permesso alla piattaforma di internazionalizzarsi da subito, fino a essere presente oggi in oltre 60 Paesi. GrowthHackers, analizza quali sono le ragioni principali di questo successo.
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Dare all’utente il controllo sulla musica
Per capire i motivi del successo di Spotify basta essere un utente. La piattaforma ha soddisfatto un bisogno che sul mercato non trovava risposta: avere tutta la musica che si desidera senza limitazioni di sorta. Certo, ci sono le radio e altri servizi di streaming di successo, come Pandora. Ma Spotify si è spinto oltre dando all’utente il potere di scelta. È lui che seleziona l’artista che desidera, crea le sue playlist e può farlo gratuitamente. Il servizio funziona con un modello freemium che presenta delle pause pubblicitarie e altre piccole limitazioni. Basta abbonarsi, con il modello a pagamento, al costo di 9,99 euro mensili, con sconti per gli studenti fino a cinque euro, per avere totale autonomia, liberandosi dagli spot. È proprio questa capacità di offrire il controllo dell’utente sulla musica che sceglie, insieme a un prezzo contenuto e alla possibilità di fare tutto nella piena legalità, tra le ragioni per capire la veloce diffusione di Spotify nel mondo.
Adattarsi alle caratteristiche degli utenti
Spotify consente agli utenti di integrare le tracce che hanno sul loro pc all’interno della piattaforma. In altre parole, non hai bisogno di uscire dal programma per arricchirlo con la musica preferita che hai sul tuo PC. Questa è un’altra strategia che gli utenti amano della piattaforma, quella cioè di poter adattare facilmente Spotify alle proprie esigenze. Negli anni l’azienda ha potenziato un sistema all’avanguardia sull’intelligenza artificiale. Il software di Spotify analizza i gusti degli utilizzatori e suggerisce in automatico brani che hanno delle caratteristiche simili. Così tutti possono essere guidati in un percorso attraverso la musica che preferiscono e avere un’offerta sempre più personalizzata. Più viene usato il programma, più l’algoritmo cattura dati sugli utenti e li processa. La funzione in questione si chiama “Discovery” e rivoluziona il modo con cui le persone interagiscono con la musica. Non è un caso se l’azienda continua a fare acquisizioni per migliorare la sua offerta nel ramo dell’intelligenza artificiale, come con la startup francese Niland, comprata recentemente proprio per migliorare le raccomandazioni dei brani musicali.
La musica come condivisione
Nel 2011 Spotify annuncia un accordo destinato a cambiare per sempre il destino dell’azienda: la partnership siglata con Facebook. Quest’accordo consente agli utenti di Spotify di potersi registrare o accedere al servizio direttamente attraverso il social network e anche di visualizzare le playlist che ascoltano gli amici. Oltre a Facebook, Spotify permette agli utenti di condividere tracce, album e playlist attraverso Twitter, Tumblr, o messaggi privati. Opportunità apprezzate dagli utenti che possono così collaborare per la creazione di playlist per feste, viaggi o altre occasioni da trascorrere insieme: «Crediamo che la musica sia la passione più “social” che esiste e abbiamo costruito Spotify per facilitare la condivisione dei brani e consentire a chi non ha conoscenze musicali di allargarle grazie ai suggerimenti dei propri amici», spiega Ek.
Le tre ragioni del successo secondo Ek
Intervistato da Business Insider, Ek offre altri elementi molto utili per capire il successo iniziale della startup. Come la scelta di concentrarsi inizialmente su un mercato piccolo ma conosciuto come la Svezia, per rafforzarsi e poi puntare all’espansione internazionale. L’ossessione verso i piccoli dettagli è un altro elemeno: Ek all’inizio era ossessionato dai problemi tecnici di buffering e spende tantissime risorse economiche e di tempo per trovare le opportune soluzioni. E infine, la volontà di allearsi con le major dell’industria musicale e non combatterle, come era successo in precedenza con Napster e servizi affini.
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