Pubblicazioni, racconti e discorsi sul mondo dell’impresa e delle startup danno per scontata l’importanza del team. La squadra è essenziale, si dice
Pubblicazioni, racconti e discorsi sul mondo dell’impresa e delle startup danno per scontata l’importanza del team. La squadra è essenziale, si dice, per avviare un’azienda, perché permette di avere a disposizione diverse competenze. Ma è davvero così? O meglio: è davvero necessario che a fondare e guidare una startup sia una squadra?
Una recente ricerca sembra suggerire il contrario.
L’analisi sul crowdfunding
«Un vasto consenso popolare e accademico suggerisce che le nuove imprese funzionano meglio quando fondate da un team, invece che da singoli. Questa visione è diventata pervasiva al punto che molti tra i principali investitori finanziano raramente, o mai, startup fondate da singoli imprenditori. Malgrado questa credenza nella superiorità dei team, poche sono state le evidenze empiriche utilizzate per esaminare questo problema chiave».
Così introducono la loro ricerca Jason Greenberg, della New York University, e Ethan Mollick, Wharton School. L’obiettivo: analizzare se effettivamente questa credenza così diffusa sia reale oppure un’intuizione sbagliata. I primi risultati lasciano spazio a pochi dubbi.
Nello studio, i due ricercatori hanno inviato un questionario a più di 65mila business che hanno ottenuto un finanziamento su Kickstarter, in un periodo di sette anni (dal 2009 al 2015). Più di diecimila hanno completato il questionario. I ricercatori hanno poi ulteriormente assottigliato il target, selezionando solo i progetti che hanno raccolto un budget importante, arrivando a più di 3.500 business analizzati.
In totale, le aziende analizzate hanno raccolto 151 milioni di dollari grazie al crowdfunding e generato 358 milioni di dollari di revenue nel periodo considerato.
Il primo dato interessante è che, evidentemente, anche i donatori di Kickstarter pensano sia importante avere un team per lanciare una startup: i progetti con più fondatori sono infatti riusciti a raccogliere più soldi rispetto ai singoli imprenditori. Malgrado ciò, i “lupi solitari” hanno raggiunti risultati migliori rispetto alle startup guidate da un team.
Due dati lo spiegano in maniera molto chiara.
Primo, le imprese fondate da singoli sono sopravvissute in numero maggiore rispetto a quelle con due o più fondatori. In particolare, le probabilità di restare in attività nel periodo considerato sono state di 2,6 volte superiori rispetto ai business con tre o più founder.
Secondo, le aziende con un solo imprenditore hanno generato mediamente maggiori revenue rispetto alle aziende con due fondatori, mentre hanno ottenuto risultati simili con quelle con tre o più founder.
I risultati sono estremamente interessanti, ma Greenberg e Mollick vogliono confermare le loro ipotesi allargando il raggio d’azione della ricerca. Al Wall Street Journal, Greenberg ha rivelato che stanno ora analizzando altre fonti di informazione, come il database di Crunchbase, i dati del Panel Study of Entrepreneurial Dynamics II (programma di ricerca sull’imprenditoria della University of Michigan) e un gruppo di 1.500 laureati della Wharton School.
Questa seconda fase della ricerca non è ancora completa. Ma Greenberg ha rivelato al WSJ che i dati preliminari sono coerenti con quanto emerso dallo studio sui progetti finanziati con il crowdfunding: gli imprenditori singoli avrebbero quindi maggior successo.
Perché è meglio lavorare da soli
Cosa rende i singoli migliori dei team nel portare avanti un’impresa? Per ora si tratta comunque di ipotesi, ma sono sicuramente interessanti da analizzare.
Innanzitutto, gli imprenditori che lavorano da soli sono gli unici a prendersi la responsabilità delle decisioni dell’azienda. Al contrario, quando alla guida dell’azienda c’è un gruppo di persone, le scelte diventano più controverse e oggetto di lunghe discussioni, non sempre proficue. Usando una metafora efficace, il dottor Greenberg ha spiegato che “quanti più cuochi metti in cucina, più grande sarà il disaccordo su quali ingredienti usare”.
Questo diventa un problema in particolare con le startup. Avviare un’azienda da zero, in mercati spesso dominati da tecnologie super-innovative, è un processo estremamente rapido: la velocità nel prendere decisioni diventa quindi vitale per sopravvivere. Fare una riunione ogni volta che si presenta una scelta importante potrebbe far perdere tempo prezioso.
Non è poi solo una questione di velocità. Probabilmente, un imprenditore da solo è più spinto a prendersi i rischi necessari per portare avanti l’azienda nella giusta direzione. In un gruppo, invece, le persone potrebbero cominciare a scoraggiarsi a vicenda, adottando un approccio più cauto. Non sempre un bene per una startup.
Ci sarebbe infine una ragione più prosaica per cui un team non è la scelta migliore per guidare un’azienda: gli stipendi. Una startup ha generalmente bisogno di tempo per cominciare a guadagnare. Il singolo imprenditore costerà meno all’azienda, non solo in termini salariali: ci sarà meno bisogno di uffici, di spese di viaggio e tutto quanto concerne la normale attività lavorativa.
E quindi mandiamo in pensione il team?
«I dati in nostro possesso sono pochi: abbiamo bisogno di più verifiche», conclude lo stesso Greenberg. Quindi prima di salutare i tuoi co-fondatori e avviare una nuova azienda da solo, è meglio ragionarci su.
Il successo delle aziende analizzate nella ricerca potrebbe infatti dipendere da una serie di altri fattori: il settore di appartenenza, l’esperienza degli imprenditori coinvolti, il numero di collaboratori e così via.
C’è da dire poi che alcune delle più grandi imprese oggi sul mercato sono state fondate da un team (anche se nel corso degli anni, spesso, il numero di leader si è ridotto a uno): Apple, Google, Netflix per nominare solo alcune delle più note.
Avviare una startup in team potrebbe ancora rappresentare un vantaggio in termini di esperienze, competenze, capacità di crescita. Esistono anche fattori psicologici in gioco: un imprenditore singolo potrebbe ritrovarsi schiacciato dal peso della responsabilità e subire un esaurimento nervoso.
Il discorso resta dunque da approfondire e da ampliare con nuovi dati, come lo stesso Greenberg ha sottolineato.
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