Imprenditore dall’età di 5 anni, fondatore del franchising d’arredamento più noto e profittevole al mondo, personaggio controverso (nazista in giovent
Imprenditore dall’età di 5 anni, fondatore del franchising d’arredamento più noto e profittevole al mondo, personaggio controverso (nazista in gioventù, poi pentito, e noto per le sue “elusioni” fiscali): Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea, è morto all’età di 91 anni il 27 gennaio 2018.
Una vita avventurosa la sua, dall’infanzia vissuta in povertà, ai primi business durante l’adolescenza. Un’esistenza segnata dall’innovazione e dal duro lavoro, fino all’ultimo: chi gli era più vicino ha dichiarato che Kamprad non è mai venuto meno al suo dovere, anche dopo aver lasciato le redini dell’azienda ai suoi figli, nel 2013.
D’altronde, è famosa una sua citazione alla soglia degli 80 anni: “Ho ancora un sacco di cose da fare: non ho tempo per morire”. Ripercorriamo le tappe della sua storia.
L’infanzia povera in campagna
Ingvar Feodor Kamprad, questo il nome completo del fondatore di IKEA, nasce il 30 marzo 1926, in una piccola fattoria chiamata Elmtaryd, accanto al villaggio di Agunnaryd, in Svezia. La provincia è lo Småland, nome che è stato poi assegnato anche allo spazio per i più piccoli negli store dell’azienda: è logico, a pensarci bene, visto che Kamprad stesso vi ha trascorso la sua infanzia.
Un’infanzia molto simile a quella di tanti svedesi dell’epoca. Oggi conosciamo la nazione scandinava come luogo ricco e prospero, ma negli anni ’20 e ’30 si trattava di uno stato principalmente agrario e povero. Kamprad cresce quindi con i valori del duro lavoro, della frugalità e dell’egalitarismo. Valori nati dalla povertà condivisa con familiari e vicini. Tutti principi che saranno profusi dal fondatore nella vision di IKEA.
In questo contesto, Kamprad comincia a lavorare molto presto. Ma più che nel campo agricolo, preferisce fare “l’imprenditore”: a 5 anni vende fiammiferi. A 10, poi, fa avanti e indietro in bici nel suo quartiere vendendo decorazioni natalizie, pesce e matite.
All’inizio dell’adolescenza, Kamprad vive una pericolosa liaison con i movimenti di estrema destra. In Germania c’è il Terzo Reich e sua nonna, tedesca, è una grande ammiratrice di Hitler. Kamprad entra a far parte del “Movimento Nuova Svezia”, organizzazione di stampo fascista, partecipando attivamente alle riunioni.
Dopo il successo, descriverà quell’adesione come “il più grande errore della mia vita”, arrivando a scrivere una lettera ai propri dipendenti, chiedendo loro perdono.
La politica sarà in ogni caso una parentesi breve della sua vita. A 17 anni, nel 1943, si dedica anima e corpo all’imprenditoria. Suo padre gli regala una piccola somma di denaro: il premio per aver conseguito ottimi voti a scuola, malgrado una leggera dislessia. Con questo piccolo “investimento” fonderà la società IKEA: sigla in cui inserisce le sue iniziali (Ingvar Kamprad), la fattoria di casa (Elmtaryd) e il villaggio nei pressi del quale è cresciuto (Agunnaryd).
Inizialmente i mobili non sono tra i prodotti di IKEA. Kamprad vende soprattutto orologi, calze di nylon e cornici, attraverso il sistema postale. Più avanti, nel 1947, si dedicherà all’arredamento, rivendendo i mobili realizzati dai falegnami locali.
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Il segreto del successo di IKEA: il flat-pack
Kamprad realizza il primo catalogo IKEA, una delle icone del brand per gli appassionati, nel 1951. L’obiettivo è arrivare a più consumatori, vendendo mobili su una scala più vasta della propria cerchia locale di acquirenti. Il primo showroom arriva invece nel 1953, ad Almhult. In una furiosa lotta con il suo principale competitor, Kamprad abbassa i prezzi in maniera radicale, facendo temere per la qualità dei mobili: da qui l’idea per lo showroom, che dà ai consumatori la possibilità di toccare con mano i pezzi in catalogo, prima di ordinarli.
La politica dei prezzi stracciati, però, gli mette contro i fornitori locali, costringendolo a internalizzare il processo di progettazione e realizzazione dei mobili nel 1955.
La vera svolta per IKEA arriva però l’anno successivo, nel 1956. Kamprad vede un suo impiegato smontare le gambe a un tavolo, per farlo entrare nell’auto di un cliente. Qui si accende una lampadina nella sua testa: “Se riduco lo spazio delle confezioni, posso risparmiare un sacco di soldi”, si dice.
Arriva così l’idea per i famosi “pacchi piatti” di IKEA. Ancora oggi, negli store, la maggior parte dei prodotti sono suddivisi e impacchettati in confezioni piatte, con uno spessore di pochi centimetri. Al cliente poi l’onere di mettere insieme i pezzi, assemblando i mobili direttamente a casa.
Curiosamente, è proprio questo il segreto del successo di IKEA: rendere la vita più difficile ai consumatori. Come ha notato Youngme Moon, professoressa all’Harvard Business School, che nel suo libro “Differente. Il conformismo regna ma l’eccezione domina”, scrive:
«Gran parte dei brand mondiali costruisce la propria reputazione su una serie di elementi positivi: le cose buone che fanno per i propri consumatori. L’aspetto intrigante di IKEA è che ha costruito consapevolmente la propria reputazione su una serie di elementi negativi: l’elemento del servizio che ha deliberatamente scelto di togliere ai consumatori».
Si è scoperto poi che il fatto di costruire da sé i mobili in casa ha un inaspettato risvolto emotivo per i consumatori. È il cosiddetto “IKEA Effect”: secondo i ricercatori dell’Harvard Business School, le persone amano molto di più i propri prodotti quando riescono ad assemblarli loro stessi. Un amore simile a quello che i bambini (e anche gli adulti) hanno per i Lego o per il modellismo.
Al di là del fattore psicologico, fondamentale, l’innovazione di Kamprad ha permesso di tagliare nettamente i costi, offrendo al contempo un arredamento stiloso e moderno ai propri clienti.
Da qui in poi, il successo di IKEA è stato inarrestabile. Kamprad apre il primo store nel 1958, diventando il principale negozio d’arredamento della Svezia. A partire dal 1970 è cominciata la “conquista” del mondo. Dall’Europa, con i primi negozi in Norvegia, Danimarca e poi in Germania. Espansione proseguita in Nord America, Asia, Medio Oriente. Oggi gli store della multinazionale sono più di 400, distribuiti in 38 Paesi. 190mila sono i dipendenti in tutto il mondo. Ad agosto del 2017, i proventi dell’azienda sono stati di 47 miliardi di dollari, considerando gli ultimi 12 mesi di attività. È l’impresa di arredamento più profittevole al mondo.
Al momento della sua morte, avvenuta il 27 gennaio di quest’anno, il fondatore aveva un patrimonio stimato in 58,7 miliardi di dollari, secondo Bloomberg.
L’impero di Kamprad, è da notare, è stato costruito senza che lui ottenesse il prestito di una sola corona.
L’eredità ai figli
Ingvar Kamprad non lascia solo un’eredità di successo imprenditoriale. Sono diverse le controversie legate alla sua storia e alla sua persona. A parte il già citato rapporto con i gruppi nazisti in gioventù, è sicuramente controverso il rapporto del fondatore di IKEA con le tasse. Per 40 anni, Kamprad ha vissuto in Svizzera per evitare il regime fiscale più severo della Svezia. Solo dopo la morte della moglie Margaretha, nel 2011, Kamprad è tornato nel suo villaggio di origine, Agunnaryd, per stare vicino ad amici e familiari.
Una idiosincrasia verso il fisco che Kamprad avrebbe trasmesso anche al business: secondo quanto scriveva FastCompany qualche anno fa, Ikea pagava all’epoca imposte a tassi di appena il 3,5%, quando avrebbe dovuto pagare al 18. In che modo? Ikea risultava essere controllata da una organizzazione non-profit, la Stichting Ingka Foundation,“dedicata a promuovere l’avanzamento dell’architettura e dell’interior design”. Struttura che secondo il giornale americano è ancora la stessa oggi. Nel 2017, la Commissione Europea ha annunciato un’investigazione sull’accordo fiscale che Ikea ha stretto con l’Olanda, sostenendo che dal 2006 al 2011 parte dei suoi profitti siano finiti in Lussemburgo “non tassati”. Già nel 2011, infatti, la Ue aveva dichiarato illegale l’accordo tra la multinazionale e i Paesi Bassi.
Controversa è inoltre la fama che vuole Kamprad risparmiatore incallito, sempre attento all’essenziale e a non spendere nulla di più del necessario.
Durante i suoi viaggi verso gli store IKEA in tutto il mondo – viaggi che ha portato avanti fino a quasi 90 anni di età – pare che abbia sempre volato in economica, pernottando in hotel economici. Quando si spostava in città, guidava una vecchia Volvo. Chiamava i suoi impiegati “colleghi” e si vantava spesso del fatto di comprare frutta e verdura ai mercati, verso la fine della giornata, per ottenere prezzi migliori. In una rara intervista ha dichiarato che tutto ciò che indossava in quel momento era stato acquistato al mercato delle pulci. I critici di questo storytelling sostengono si tratti solo di un modo per rinforzare il brand e di incoraggiare la frugalità tra i dipendenti. Nella realtà, spiegano i detrattori, Kamprad possedeva diverse ville lussuose in giro per il mondo.
Di certo, non esce scalfita la sua immagine di gran lavoratore. “Ha lavorato fino al termine ultimo della sua vita, restando fedele al suo motto secondo cui molto resta ancora da fare”, ha scritto IKEA in un comunicato a seguito del decesso.
Come abbiamo visto, fino a quasi i 90 anni Kamprad ha continuato a viaggiare nel mondo per visitare i suoi store. Solo nel 2013, a 87 anni, ha ceduto il suo ruolo di chairman di Inter IKEA Holding SA, al suo figlio più giovane, Mathias. Da diverso tempo, in ogni caso, i suoi figli – tre maschi, Petere, Jonas e Mathias, e una femmina adottata – avevano ottenuto grande influenza all’interno del gruppo.
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